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Le premiazioni di EUDIPHOTO 2018

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Tutto pronto per la premiazione del concorso EudiPhoto organizzato anche quest’anno nell’ambito di Eudi Show e che ha avuto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

La redazione

Il concorso EudiPhoto s’è affermato come uno dei concorsi più seguiti della stagione sfiorando le 230 foto complessive e circa 200 concorrenti suddivisi nelle quattro categorie previste dal concorso: compatte apnea e sub e reflex apnea e sub.
Le foto dedicate all’apnea come sempre hanno dato grande risalto alle suggestioni e alle atmosfere mentre quelle sub, riservate quest’anno al tema delle aree marine protette italiane, hanno offerto un ventaglio di situazioni e di soggetti che hanno dimostrato, ancora una volta, come il Mediterraneo sia uno dei mari più belli al mondo e possa competere alla pari, e forse con un pizzico di fascino in più, con i fondali tropicali.
Quest’anno, a dimostrazione di quanto sia un concorso in crescita, i premiati sono stati cinque per ogni categoria rendendo ancora più impegnativa l’opera dei giurati che, come gli anni precedenti, sono stati selezionati tra i recenti vincitori dei Campionati Italiani FIPSAS di Fotografia Subacquea organizzati a Otranto alla fine di settembre 2017.
Ecco chi sono stati i giurati, trovatisi questa volta a cambiare i ruoli passando dal mare al tavolo della giuria e coordinati come sempre da Mario Genovesi, direttore tecnico della Squadra Nazionale di Fotografia Subacquea della Fipsas.

CATEGORIA REFLEX
Ciccio Sesso. Istruttore subacqueo, fotografo e ricercatore, dal 2000 è membro del Club Azzurro Fipsas. Campione Italiano di Fotografia Subacquea nel 1999, 2004 e 2017 ha fatto ripetutamente parte della Nazionale Italiana, rappresentando nel 2009 l’Italia ai Campionati del Mondo in Corea del Sud. Convinto estimatore delle bellezze del Mare Nostrum, le sue immagini sono conosciute in tutto il mondo e molti suoi scatti hanno ricevuto importanti riconoscimenti nei più prestigiosi concorsi fotografici internazionali.
Virginia Salzedo. Nata tra le montagne, a Trento, dove vive, scappa appena può in Salento per respirare il profumo del mare. Cinque anni fa scopre la fotografia subacquea e vince molti prestigiosi concorsi sia nazionali che internazionali che culminano con l’oro ai campionati nazionali di fotografia subacquea per fotocamere compatte (2016) e l’argento ai campionati nazionali di fotografia subacquea per fotocamere reflex del 2017.
Maurizio Luca Longhitano. Prende la sua prima macchina fotografica in mano nel 1995, poi non si è più fermato. Tecnico di Fotografia Subacquea nonché componente del Club Azzurro di Fotografia Subacquea Fipsas, ha ottenuto moltissime affermazioni in ambito agonistico: Campione Italiano cat. Compatte nel 2012, vice campione nel 2013 e terzo classificato nei campionati italiani 2017.

CATEGORIA COMPATTE
Ilaria Gonelli. Laureata in Scienze Ambientali con indirizzo marino, istruttrice subacquea e titolare di un Diving Center a San Terenzo (La Spezia), ha fatto della fotografia subacquea lo strumento di comunicazione fondamentale per diffondere la cultura del Mare. Affermatasi in numerosi concorsi fotosub ha vinto l’oro ai Campionati Italiani Fipsas di Otranto 2017.
Chiara Baruzzi. Folgorata dalle tartarughe alle Seychelles, prende il primo brevetto nel 2014 e da subito si dedica alla fotografia subacquea conquistando al suo esordio il secondo posto nella categoria Compatte ai Campionati Italiani a Otranto.
Stefano Cerbai. Si avvicina alla subacquea nel 2005 unendo alla sua passione per la fotografia naturalistica quella per la fotosub. Ha partecipato a diversi trofei e concorsi di fotografia anche internazionali riuscendo a salire sul podio degli ultimi Campionati Italiani di Fotografia Subacquea (2017) con un terzo posto assoluto.

Quanto ai concorrenti selezionati e destinati a salire sul palco delle premiazioni di Eudi Show domenica 4 marzo, ecco i loro nomi, ovviamente senza classifica e in rigoroso ordine alfabetico perché la suspense è d’obbligo:
Categoria Compatte Apnea: Alessandro Casula, Cristina Conti, Loredana Iurianello, Patrizia Pratesi
Categoria Compatte Sub: Andrea Falcomatà, Alberto Gallucci, Alessandro Giannaccini, Franco Nones, Alessandro Raho
Categoria Reflex Apnea: Alessandro Giannaccini, Filippo Massari, Elio Nicosia, Roberto Spinsanti, Claudio Zori
Categoria Reflex Sub: Walter Bassi, Gabriella Luongo, Adriano Morettin, Claudio Zori

A tutti indistintamente, concorrenti, giurati, sponsor, va il grazie di Eudi Show per aver partecipato e per il sostegno dato. A loro e a tutti i visitatori EudiPhoto dà appuntamento per la premiazione al palco Ferraro domenica 4 marzo alle ore 17:15.
Per ogni ulteriore informazione e per restare aggiornati si consiglia di consultare il sito www.eudishow.eu.


Andrea Zuccari: l’uomo e il limite

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Quando si parla di campioni pare scontato che si parli di record e di limiti. Invece è una storia infinita iniziata nel momento in cui l’uomo ha cominciato a confrontarsi con i suoi simili. E che forse proseguirà per sempre.

La redazione

In questa lunga storia un posto lo occupa, più che degnamente, Andrea Zuccari, recordman di apnea, atleta e allenatore, che in meno di dieci anni ha scalato i vertici di questa disciplina per la quale ha dimostrato sin dall’inizio una predisposizione naturale.
Come si scopre analizzando la storia di Andrea, la sua è stata una continua crescita tecnica e psicologica, una componente che nel settore delle immersioni – poco importa se in apnea o con autorespiratori – risulta fondamentale. Tra il 2006 e il 2008, Zuccari ha stabilito 5 Record nazionali Svizzeri nelle discipline del CWT, CNF e FI, poi superati nei due anni successivi aggiungendo quello in assetto variabile No Limits scendendo a – 131 m.
Nel 2011 insieme all’apneista tedesca Anna Von Boetticher, riesce a stabilire il Record del Mondo No-Limits in Tandem immergendosi a – 125 m. Nel Gennaio 2013, durante gli allenamenti per il nuovo tentativo di record, insieme al greco Stavros Kastrinakis stabilisce il nuovo Primato del Mondo No-Limits in Tandem immergendosi a – 126 m battendo il grandissimo Pipin Ferreras e Benjamin Franz (122 m). Dopo pochi giorni nel pomeriggio del 24 gennaio 2013 si supera toccando i – 155 m, nuovo Record Italiano No Limits cui farà seguire pochi mesi dopo il nuovo Record Italiano in Assetto Variabile Regolamentato portandolo a – 135 m. Nel luglio 2014 è protagonista della sua più grande impresa raggiungendo i – 175 m in assetto Variabile No Limits. Con questo tuffo, egli diventa l’uomo più profondo al mondo utilizzando una normale maschera per apnea e secondo uomo più profondo al mondo in assoluto, dietro all’austriaco Herbert Nitsch.
Sono numeri, statistiche, ma a volte i numeri sono meno aridi di quanto sembri e possono raccontare storie come quella, straordinariamente umana, delle ultime prestazioni di Andrea Zuccari che durante la settimana dal 21 al 28 Luglio 2017 avrebbe dovuto tentare un tuffo in apnea in assetto Variabile No Limits scendendo a – 200 m. Questa volta Andrea si è dovuto confrontare con un limite del tutto nuovo: la narcosi, un problema che è ben noto ai subacquei con le bombole, ma che può colpire gli apneisti, soprattutto quelli che raggiungono grandi profondità.
Durante l’esecuzione di moltissimi tuffi fondi d’allenamento in previsione del nuovo record la narcosi si è presentata più forte del passato e Andrea, con un po’ di amarezza, il 28/08/17 ha detto stop ai suoi tentativi di effettuare un tuffo a 200 m ufficializzando a 185 m il nuovo Record Italiano No Limits, quota toccata tre volte nel mese di luglio.
Purtroppo, nonostante vari tentativi di risolvere il problema e gli allenamenti specifici dell’ultimo anno che hanno incrementato la sua capacità vitale fino a 10 litri, l’incubo della narcosi si è ripresentato costantemente e con forza facendo emergere alla fine l’uomo che ha battuto il campione decidendo di fissare il suo limite, il “MyLimit” di Andrea, a 15 m dal traguardo che si era prefissato e che, probabilmente, vedeva un poco più in basso davanti ai suoi occhi.
E questa non è solo una storia, ma una grande lezione e chi vorrà ascoltarla non dovrà fare altro che accomodarsi davanti al palco Ferraro sabato 3 marzo alle ore 14:30 per sentirla dalla voce stessa di Andrea Zuccari che racconterà “– 185 m MyLimits”.
Per ogni ulteriore informazione e per restare aggiornati non dimenticate di consultare il sito www.eudishow.eu.

Tutta la FIPSAS all’Eudi minuto per minuto

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Ecco tutti gli appuntamenti che la Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee – in particolare i suoi settori Didattica Sub, Attività Subacquee e Nuoto Pinnato – terrà presso l’EUDI per incontrare i propri appassionati. Dalla didattica alla tecnica, dall’agonismo alla ricreatività, ce n’è veramente per tutti i gusti e per ogni modalità d’immersione.

La redazione

Com’è noto, dal 2 al 4 Marzo 2018 si terrà a Bologna la XXVI edizione dell’EUDISHOW, la più importante manifestazione espositiva europea interamente dedicata al mondo della subacquea. Ebbene, in tale occasione, come consuetudine, la FIPSAS e, in particolare, i Settori Didattica Subacquea e Attività Subacquee e Nuoto Pinnato incontreranno i propri tesserati, istruttori, tecnici, simpatizzanti e amici. I rappresentanti di tali settori saranno presenti al Padiglione 36 (Stand: D38-E39) per rispondere alle domande e per spiegare le novità del 2018.
Per l’intera durata della mostra fieristica, presso lo stand federale, sarà possibile visionare i filmati promozionali di tutte le discipline subacquee nonché acquistare i vari capi che compongono la linea di abbigliamento sportivo federale.
Tra gli eventi in programma, una menzione particolare la merita indubbiamente l’incontro dal titolo: “Le nuove frontiere della Didattica Federale dell’Apnea”, in programma il 3 Marzo p.v., dalle ore 12:30 alle ore 14:30, presso la Sala Armonia. Nel corso di tale incontro, fortemente voluto dal Presidente FIPSAS, Prof. Ugo Claudio Matteoli, verrà illustrato, dagli esponenti dei Settori Attività Subacquee e Nuoto Pinnato e Didattica Subacquea, il Programma Formativo Apneistico, ovvero il documento che sancisce la nascita di un’unica didattica federale per quel che riguarda l’apnea.
Al termine del suddetto evento e, più precisamente, dalle ore 14:30 alle ore 15:00, sempre presso la Sala Armonia, ci sarà la presentazione del “Manuale Federale di Apnea – 2° Volume”, ad opera degli autori Silvio Mercadante e Fabio Portella.
Per quel che riguarda il Settore Didattica Subacquea, il suo scopo principale sarà quello di illustrare, anche attraverso degli incontri mirati, il lavoro svolto e le proposte del Settore. Tra gli eventi più significativi in tal senso, si segnalano i seguenti appuntamenti, in programma sabato 3 Marzo p.v., dalle ore 10:00 alle ore 12:30, presso la sala Armonia:
• Ore 10:00 Immersioni Avanzate (Gruppo Progettazione e Sviluppo) – Report attività 2017;
• Ore 10:30 Apnea (Gruppo Progettazione e Sviluppo) – Report attività 2017;
• Ore 11:00 Presentazione bozza Circolare Normativa e bozza Percorso Didattico;
• Ore 11:40 Presentazione Corso per Istruttori A.R. di 3° grado (M3);
• Ore 12:10 Festa della FIPSAS organizzata dalla Società “Circolo Subacquei Napoletani “Massimo d’Asta”.
Per converso, il Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato esalterà, attraverso tutta una serie di appuntamenti e incontri mirati, le sue diverse discipline sportive, con particolare riferimento a quelle apneistiche.
Pertanto, un ruolo di primissimo piano lo avranno la presentazione del Campionato Mondiale di Apnea Indoor 2018, che la FIPSAS avrà l’onere e l’onore di organizzare a Lignano Sabbiadoro (UD), presso l’Impianto Sportivo Bella Italia, dall’11 al 17 Giugno 2018, e il resoconto del Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea 2017, il quale verrà raccontato nei minimi dettagli dai componenti la Squadra Nazionale Italiana che vi ha preso parte.
La presentazione del Campionato Mondiale di Apnea Indoor si terrà il 3 Marzo p.v., dalle ore 17:30 alle ore 18:00, presso il Palco Ferraro, a seguito di un altro intervento federale: “La presentazione dell’evento celebrativo del trentennale del film “Le Grand Bleu” di Luc Besson”, al quale interverranno il Presidente CMAS, Anna Arzhanova, il Presidente FIPSAS, Prof. Ugo Claudio Matteoli, e il Vice Presidente FFESSM, Francis Merlo. Quest’ultima presentazione andrà in scena, sempre presso il Palco Ferraro, dalle ore 17:00 alle ore 17:30.
Il resoconto del Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea 2017 si terrà invece il 3 Marzo p.v., dalle ore 15:30 alle ore 16:00, presso il Palco Maiorca, dove si svolgerà anche l’intervento dal titolo: “Da Syros 2016 a Sagres 2018: il percorso della Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea”, in programma il 4 Marzo p.v., dalle ore 13:00 alle ore 13:30.
Diversi saranno anche gli spazi riservati agli atleti. Sabato 3 e Domenica 4 Marzo p.v., a margine degli interventi denominati “Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea 2017”, “Presentazione Campionato Mondiale di Apnea Indoor 2018” e “Lo stile fotografico”, ci saranno infatti le premiazioni, rispettivamente, di coloro che hanno svolto il ruolo di assistenti in occasione dell’ultimo Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea, dei vincitori delle Combinate, Maschile e Femminile, di Apnea 2017, dei vincitori dei Gran Premi FIPSAS 2017 di Fotografia Subacquea, Videoproiezioni Digitali e Video Subacqueo e dei primi tre classificati del Concorso Nazionale di Video Subacqueo “Vi racconto il mio Club” – edizione 2017.
Tra gli appuntamenti in programma, da segnalare sia l’incontro dal titolo: “Riunione Nazionale Agonismo Pesca in Apnea”, aperto alla partecipazione di tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’agonismo della pesca in apnea e che si terrà domenica 4 Marzo p.v., dalle ore 11:00 alle ore 13:00, presso la Sala Madrigale, che l’intervento dal titolo: “La formazione FIPSAS per diventare Allenatore di Apnea”, nel corso del quale verrà analizzato il percorso formativo che conduce all’acquisizione di tale qualifica. Quest’ultimo intervento si svolgerà il 4 Marzo p.v., dalle ore 10:30 alle ore 11:00, presso il Palco Maiorca.
Ci saranno poi i seminari dedicati alla fotografia subacquea, costituiti nell’ordine da “Cuore, mente, occhio …. viaggio oltre la tecnica fotografica” (venerdì 2 Marzo p.v., dalle ore 14:00 alle ore 15:00, presso “Università della Fotografia Subacquea”), “Lo snoot e la doppia esposizione” (sabato 3 Marzo p.v., dalle ore 14:00 alle ore 15:00, presso “Università della Fotografia Subacquea”) e “Lo stile fotografico” (domenica 4 Marzo p.v., dalle ore 14:00 alle ore 15:00, “presso Università della Fotografia Subacquea”).
Non mancheranno, infine, i momenti di approfondimento legati a tematiche specifiche, quali, ad esempio, “Pesca in apnea sportiva e cicli riproduttivi”, in programma il 3 Marzo p.v., dalle ore 16:00 alle ore 16:30, presso lo spazio denominato “Master della Subacquea”.
Ma ecco riassunto il calendario-programma integrale delle attività federali all’Eudi
Venerdì 2 Marzo 2018
14:00 – 15:00 Stage dal titolo: “Cuore, mente, occhio ….. viaggio oltre la tecnica fotografica”. Il relatore dello stage sarà Francesco Sesso. Introduzione a cura del Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Mario Genovesi. L’appuntamento avrà luogo presso lo spazio denominato “Università della Fotografia Subacquea”.
Sabato 3 Marzo 2018
10:00 – 10:30 Immersioni Avanzate (Gruppo Progettazione e Sviluppo) – Report attività 2017. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
10:30 – 11:00 Apnea (Gruppo Progettazione e Sviluppo) – Report attività 2017. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
11:00 – 11:40 Presentazione bozza Circolare Normativa e bozza Percorso Didattico. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
11:40 – 12:10 Presentazione Corso per Istruttori A.R. di 3° grado (M3). L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
12:10 – 12:30 Festa della FIPSAS organizzata dalla Società Circolo Subacquei Napoletani “Massimo d’Asta”. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
12:30 – 14:30 Incontro dal titolo: “Le nuove frontiere della Didattica Federale dell’Apnea”. I relatori dell’incontro saranno il Presidente FIPSAS, Prof. Ugo Claudio Matteoli, che aprirà i lavori, il Presidente del Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Carlo Allegrini, il Presidente del Consiglio di Settore Didattica Subacquea, Gianfranco Frascari, il Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Silvio Mercadante, e il Responsabile del Gruppo Progettazione e Sviluppo Apnea Didattica Subacquea, Maurizio Santero. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Armonia.
14:00 – 15:00 Stage dal titolo: “Lo snoot e la doppia esposizione”. Il relatore dello stage sarà Adriano Morettin. Introduzione a cura del Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Mario Genovesi. L’appuntamento avrà luogo presso lo spazio denominato “Università della Fotografia Subacquea”.
14:30 – 15:00 Presentazione del “Manuale Federale di Apnea – 2° Volume” ad opera degli autori Silvio Mercadante e Fabio Portella. La presentazione avrà luogo presso la Sala Armonia.
15:30 – 16:00 Intervento dal titolo: “Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea 2017”. I relatori dell’intervento saranno il Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Roberto Palazzo, il Direttore Tecnico della Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea, Marco Bardi, e alcuni degli atleti facenti parte la Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea. A seguire è prevista la premiazione degli assistenti azzurri che hanno preso parte al Campionato Euro-Africano di Pesca in Apnea 2017. Sia l’intervento che la premiazione avranno luogo presso il Palco Maiorca.
16:00 – 16:30 Stage dal titolo: “Pesca in apnea sportiva e cicli riproduttivi”. Il relatore dello stage sarà il Componente lo Staff Tecnico della Pesca in Apnea, Antonio Terlizzi. Introduzione a cura del Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Roberto Palazzo. L’appuntamento avrà luogo presso lo spazio denominato “Master della Subacquea”.
17:00 – 17:30 Intervento dal titolo: “Presentazione evento celebrativo del trentennale del film “Le Grand Bleu” di Luc Besson”. I relatori dell’intervento saranno il Presidente CMAS, Anna Arzhanova, il Presidente FIPSAS, Prof. Ugo Claudio Matteoli, e il Vice Presidente FFESSM, Francis Merlo. L’intervento avrà luogo presso il Palco Ferraro.
17:30 – 18:00 Intervento dal titolo: “Presentazione Campionato Mondiale di Apnea Indoor 2018”. I relatori dell’intervento saranno il Presidente FIPSAS, Prof. Ugo Claudio Matteoli, e il Presidente del Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Carlo Allegrini. A seguire è prevista la premiazione dei vincitori delle Combinate di Apnea, Maschile e Femminile, 2017. Sia l’intervento che la premiazione avranno luogo presso il Palco Ferraro.
Domenica 4 Marzo 2018
10:30 – 11:00 Intervento dal titolo: “La formazione FIPSAS per diventare Allenatore di Apnea”. Il relatore dell’intervento sarà il Presidente del Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Carlo Allegrini. L’intervento avrà luogo presso il Palco Maiorca.
11:00 – 13:00 Incontro dal titolo: “Riunione Nazionale Agonismo Pesca in Apnea”. I relatori dell’incontro saranno il Presidente del Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Carlo Allegrini, il Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Roberto Palazzo, e il Direttore Tecnico della Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea, Marco Bardi. L’appuntamento avrà luogo presso la Sala Madrigale.
13:00 – 13:30 Intervento dal titolo: “Da Syros 2016 a Sagres 2018: il percorso della Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea”. I relatori dell’intervento saranno il Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Roberto Palazzo, il Direttore Tecnico della Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea, Marco Bardi, e alcuni degli atleti facenti parte la Squadra Nazionale Italiana di Pesca in Apnea. L’intervento avrà luogo presso il Palco Maiorca.
14:00 – 15:00 Intervento dal titolo: “L’apnea è donna”. Le relatrici dell’intervento saranno le componenti la Squadra Nazionale Italiana di Apnea, Martina Mongiardino e Alessia Zecchini. Presentazione a cura del Direttore Tecnico della Squadra Nazionale di Apnea Outdoor, Stefano Tovaglieri. L’intervento avrà luogo presso il Palco Ferraro.
14:00 – 15:00 Stage dal titolo: “Lo stile fotografico”. Il relatore dello stage sarà Francesco Visintin. Introduzione a cura del Componente il Comitato di Settore Attività Subacquee e Nuoto Pinnato, Mario Genovesi. A seguire è prevista la premiazione dei vincitori dei Gran Premi FIPSAS 2017 di Fotografia Subacquea, Videoproiezioni Digitali e Video Subacqueo e dei primi tre classificati del Concorso Nazionale di Video Subacqueo “Vi racconto il mio Club” – edizione 2017. Sia lo stage che la premiazione avranno luogo presso lo spazio denominato “Università della Fotografia Subacquea”.
Gli spazi denominati “Master della Subacquea” e “Università della Fotografia Subacquea” sono delle aree delimitate nelle quali ci saranno un tavolo relatori, impianto microfonico, monitor, 35 posti a sedere, tavolo registrazione con hostess per le operazioni di accredito e di rilascio degli attestati. Al termine di ogni incontro, agli intervenuti prenotati verrà rilasciato un attestato di partecipazione a cura dell’organizzazione dell’Eudi Show. Il calendario degli Stage sarà promosso attraverso i canali di informazione di Eudi Show e sul sito www.eudishow.eu. I visitatori che lo desiderano possono prenotarsi gratuitamente per la partecipazione agli Stage, attraverso moduli on-line.

TuttinApnea

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Successo da capogiro per TuttinApnea 2018, il “circuito gare” spontaneo di Apnea Academy nato dal basso e forse proprio per questo capace anche di grandi numeri.

A cura di Marco Mardollo

Millecentodiciotto (1.118) apneisti in gara contemporaneamente, grazie all’impegno di oltre sessanta (60) scuole Apnea Academy, sparse per tutta Italia, costituiscono il contesto reale di questa iniziativa che si commenta già da sola, svoltasi tra il 12 e il 14 febbraio.
Un evento unico nel suo genere, mai organizzato prima d’ora, che ha visto confrontarsi contemporaneamente, in oltre sessanta (60) piscine, apneisti di tutti i livelli in una mega-gara coordinata di apnea dinamica con e senza attrezzi che ha assunto un po’ il significato di un “giro d’Italia” in apnea.
Nella cartina tra le immagini del servizio potete verificare quante e quali zone italiane si siano rese protagoniste di questa bellissima “sfida a … singolar tenzone”! E nelle foto – che naturalmente, per esigenze di spazio, non possono essere tutte quelle realizzate – vedete diverse appartenenze ad altrettante compagini geografiche, anche molto distanti l’una dall’altra.
Ogni squadra ha potuto contare sui metri percorsi dal suo apneista meno esperto, o addirittura neofita, fino a quelli del suo atleta di punta.
Tutto questo grazie ad un sempre più forte senso di appartenenza e spirito di squadra che pochi come Apnea Academy sanno trasmettere, cosa del resto da sempre insegnata proprio da Umberto Pelizzari.
TuttinApnea è stata l’ulteriore riprova del forte radicamento di Apnea Academy sul territorio italiano, quella stessa Apnea Academy che s’è dimostrata nel tempo l’unica scuola di apnea al mondo capace di mettere in acqua nello stesso momento più di mille apneisti. E per di più assicurando la diffusione di quei valori che forse sono l’obiettivo più ambito, senz’altro il più importante: l’entusiasmo dei partecipanti, la condivisione nella socialità e una maggior consapevolezza sulle potenzialità educazionali dell’immersione in apnea.

Dopo il mondiale

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Considerazioni sul Campionato del Mondo di Fotografia Subacquea svoltosi a La Paz, in Messico, nel 2017. Un evento di troppo grande spessore per esaurirne l’eco nelle sole cronache del momento.

di Isabella Furfaro

“…Viene l’acqua purissima del torrente di montagna, scivola sulla pelle e toglie via tutti i frammenti infinitesimali della parola tempo che smarrito, scompare…(*) ”.
Ho rubato le parole di un celebre scienziato (il suo credito è citato in fondo all’articolo) per descrivere il mio stato d’animo al rientro dal Campionato del mondo di fotografia subacquea in Messico. In ordine cronologico è il terzo a cui prendo parte.
Il sonno tarda ad arrivare la sera al rientro in Italia e il risveglio della mattina è lento e faticoso. Nelle ore in cui la coscienza è semi sopita riemergono alla mente immagini, suoni che come in un ballo, fluttuano insieme a forti sensazioni.
La mia mente ripensa a un tempo che sembra sospeso sin dal momento della partenza da Roma per la località di La Paz – nel Messico della Baja California – insieme al team italiano di fotografia subacquea: il fotografo Stefano Proakis e la sottoscritta come modella e assistente, il fotografo Francesco Visintin accompagnato dalla modella e assistente Francesca Romana Reinero, il Direttore Tecnico Mario Genovesi e il Tecnico Federale Michele Davino.
Una volta giunti a La Paz, la distanza fisica è diventata anche una sorta di distanza mentale, accompagnata da un diverso modo di rapportarsi ai luoghi, agli eventi, ad un mare e ad un popolo differenti.
L’orologio, oltre a doversi necessariamente spostare indietro di 8 ore, scandisce un tempo diversamente regolato e non solo a causa del differente fuso orario e della diversa inclinazione dei raggi solari che rendono il clima estremamente piacevole.
Un tempo che regola le nostre giornate scandite dal trascorrere interi giorni in acqua, in barca con i nuovi compagni, un tempo dedicato alla concentrazione, alla ricerca e allo studio delle immagini da creare dopo le quotidiane perlustrazioni nei luoghi potenziali campi gara ma anche un tempo dedicato alle cene e alle risate con i colleghi del team e i nuovi amici.
Al diving del porto turistico incontriamo il numeroso team spagnolo, sempre sorridente e socievole. È in Messico già da una settimana, ci dicono il direttore Gabriel e Gisel del Diving.

Sarà proprio il giovane e talentuoso spagnolo Rafael Fernandez Caballero, accompagnato dal suo assistente e modello Oscar Luna Romero ad aggiudicarsi il titolo di campione del mondo, seguito dal connazionale Jesus Yeray Delgado Dorta quale vice campione, accompagnato dalla sua modella e assistente Abigail Marti.
Viene spontaneo domandarsi quale possa essere la chiave del successo che accompagna da diversi anni i vari team spagnoli nel corso delle più importanti competizioni internazionali. La terza posizione sul podio andrà al team turco, composto dal fotografo Cenk Ceylanoglu e dalla sua modella.
Torno indietro con il pensiero rivivendo i momenti trascorsi con Alexandra e il giovane capitano della nostra barca che ci hanno accompagnato con cortesia e professionalità nei luoghi di perlustrazione durante i giorni di allenamento.
Che emozione l’incontro con i leoni marini, la scoperta del luogo incredibile in cui vivono gli squali balena, esemplari di diversi metri emersi da un’acqua lattiginosa, apparentemente dal nulla, in compagnia dei pesci pilota. Proviamo ad inseguirli in una quasi inutile e affannosa corsa perché sono loro a decidere quando avvicinarsi, a regolare le distanze e a regalare istanti emozionanti e la possibilità di qualche scatto ai fotografi.
Ricordo bene il momento del pre-gara in cui il Presidente di giuria puntualizza alcuni passaggi del regolamento con indicazioni, purtroppo, non a nostro favore.
Il mio sguardo si incrocia con quello di Stefano, amico ed eccellente fotografo che accompagno da anni ed appare chiara – anche questa volta –– la necessità di un cambio di strategia. Fortunatamente il nostro costante allenamento in Italia, la lunga esperienza del nostro team, la grinta e la lucidità di Stefano insieme al self control e alla determinazione del nostro Capitano Mario e del tecnico Michele, ci hanno consentito di definire velocemente un piano alternativo per una parte della gara.
“Non è un mare facile” – qualcuno afferma – e in effetti in quel periodo dell’anno l’acqua è spesso torbida e le immagini della ricca vita dei fondali e dei tanti relitti di La Paz non sono facilmente “catturabili” dagli scatti dei nostri abili fotografi.
Vivo e nitido è il ricordo dei momenti di fine gara in cui, come di consueto, si vive intensamente la complessa fase della scelta delle immagini da presentare: quale sarà quella giusta per la giuria internazionale di fotografi dalle diverse esperienze e culture?
La soddisfazione, infine, per il comunque ottimo risultato della nostra squadra – medaglia d’argento nella categoria close up con tema leoni marini e medaglia di bronzo nella categoria macro su un totale di ben 35 concorrenti – è forte e nitida e ci accompagna per tutto il viaggio di ritorno.
Una volta a casa metto insieme i pensieri, come un puzzle composto da tanti diversi pezzi. La voce dell’amico Domenico al telefono, al rientro da un importante percorso di cura, mi dice: “…Isabella, fai tesoro di ciò che hai imparato da questa esperienza…”.
Questa frase mi riecheggia nella mente per giorni. Conosco Domenico da anni, le sue parole, opportune e misurate, hanno sempre avuto un senso preciso e, forse, questa volta, ancora di più. Credo non si riferisse solo all’esperienza puramente tecnico-sportiva ma all’esperienza umana che, in effetti, raccoglie sempre i vissuti più vari, piacevoli e meno piacevoli.
Non vedo l’ora di sentire, per un proficuo confronto, anche Franco, il Capitano del mio primo mondiale a cui partecipai con Ciccio, Andrea ed Anna, mentre altri amici e conoscenti mi chiamano o scrivono per complimentarsi per i risultati raggiunti.

Accanto e a supporto della squadra, come in occasione dello storico Campionato di Cuba nel 2013, c’erano anche Sonia Davino, il piccolo Francesco e la nuova arrivata della famiglia Davino, Chiara, insieme ad Elena e Luciano Davino ed alle nuove accompagnatrici Francesca e Anna Visintin.
Un’ ultima curiosità… chissà come è stato l’incontro del componente della squadra giapponese con il suo bambino appena nato, la cui moglie partoriva proprio nel giorno della competizione?
Un saluto particolare va pure agli amici sloveni con i quali, anche questa volta, abbiamo, sportivamente e felicemente condiviso l’imbarcazione nelle giornate di gara.
Congratulazioni, infine, sia ai vincitori che a tutti i partecipanti al campionato, ciascuno dei quali, sono certa, ha investito il massimo della passione e delle proprie energie.

(*) Left 6 febbraio 2016 – “Trasformazione” di Massimo Fagioli.

BLUB l’arte sa nuotare

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Se “show” doveva essere, show è stato anche per noi.

Nel nostro piccolo, abbiamo potuto esporre in magliette le opere di un curioso autore, che si firma come “BLUB L’arte sa nuotare” e che da un punto d’origine su Firenze s’è fatto conoscere per aver tappezzato qua e là molte vie di città toscane (e non solo) con queste sue raffigurazioni.

Una sorta di murales che ritraggono personaggi famosi della storia indossare una maschera da sub come si trovassero in immersione.

Provate un po’ a verificare chi ci riconoscete…c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Ci era sembrato che potessero veicolare il valore mediatico delle nostre amate attività legate alle immersioni, simboleggiando così l’intero settore subacqueo.

E a giudicare da quante persone sono venute a curiosare e quante anche a fotografare l’esposizione pensiamo di esserci proprio riusciti.

Per le stesse ragioni ci preme anche raccomandare il rispetto per l’opera del suo ingegno avvertendo – come già fatto in fiera – che le sue raffigurazioni sono tutelate da copyright e che ogni loro riproduzione di mano diversa è vietata.

Ustica Villaggio Letterario all’Eudi

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Presentate all’Eudi Show le iniziative legate all’evento “Ustica Villaggio Letterario IV Edizione in onore di Enzo Maiorca”. Vediamo in cosa consisterà.

La redazione

Un Concorso Fotografico Subacqueo a Premi dedicato ad Enzo Maiorca (il 1° Trofeo Maiorca www.trofeomaiorca.it), stage di apnea con Makula e Taglianetti, dibattiti e proiezioni sul Cinema Subacqueo, lezioni di Archeologia subacquea, biologia marina, geologia delle coste, incontri sulla Tutela del Territorio e del Mare e su Ambiente e Legalità: in questo e in molto altro consiste la bella sfida lanciata da “Ustica Villaggio Letterario IV Edizione in onore di Enzo Maiorca“, che ha presentato il 3 marzo all’Eudi Show 2018 di Bologna i suoi eventi subacquei della stagione estiva legati sia alla figura del grande campione siciliano di apnea, sia alle ricchezze del mare e del territorio di Ustica.
Ustica Villaggio Letterario, giunto alla sua quarta edizione, è il percorso di eventi culturali ideato da Anna Russolillo in collaborazione con la Soprintendenza del Mare regione Sicilia, che si svolge nell’isola a Punta Spalmatore da giugno a settembre, dedicato quest’anno al campione mondiale di apnea, una leggenda del binomio fra l’uomo e il mare. A presentare l’innovativo programma – insieme ai co-ideatori degli eventi legati al mare Franco Andaloro, Marina Cappabianca, Alessandra De Caro e Pippo Cappellano – anche una madrina d’eccezione, Patrizia Maiorca, che ha sottolineato il rapporto speciale di suo padre con Ustica, iniziato con il record mondiale nel 1961 e continuato per tutta vita. L’appuntamento per gli appassionati di immersioni e di cultura del mare è perciò sull’isola di Ustica, prima Area Marina Protetta in Italia dal 1986, primo percorso archeologico mondiale nel 1990 e sede dal 1959 della Rassegna Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee.

About Franco Tulli

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Chi è costui? Un’eccellenza italiana in campo fotosub, di cui – come spesso accade – s’è parlato poco e niente. Eppure ha vinto il World Shootout 2017, riconoscimento che gli è stato tributato con i dovuti onori al Boot di Dusseldorf. Così abbiamo voluto incontrarlo all’Eudi per conoscerlo meglio.

A cura di Claudio Budrio Butteroni. Foto Franco Tulli.

Un’italianissima eccellenza, il fotosub Franco Tulli, con all’attivo un grande successo del quale – concausa la recente dipartita dell’ultima testata giornalistica cartacea del settore, con successiva riapparizione proprio all’Eudi – si è veramente parlato troppo poco. Il grande riconoscimento tributatogli invece a Gennaio in occasione del BOOT Dusseldorf Dive Show era nell’aria, preannunciato dalla condivisione dei suoi scatti ad opera di numerosi divulgatori. Ma chi è dunque Franco Tulli, vincitore del World Shootout 2017? Intanto è un giovanile e simpatico 56nne, Romano di adozione ma nativo di Torino. Studi classici, laurea e l’esercizio di una libera professione in ambito informatico. Da bambino sognava di fare l’astronauta e di fluttuare nell’aria. Ora fluttua nei nostri mari regalandoci scatti che ci fanno sognare. Tre grandi passioni: i viaggi, la fotografia e la subacquea. Dall’unione delle tre, amalgamate da tanta tecnica e da un pizzico di post-produzione, è nata “Coconut Octopus” che a dire il vero rappresenta soltanto l’ultima di una serie di fotografie di successo. Per rendersene conto è sufficiente visitare il profilo Instagram di Franco. Lo abbiamo incontrato all’Eudi 2018, giusto per saperne un po’ di più. Ed eccolo qua anche per voi.

Viaggi, subacquea e fotografia: quale passione nasce prima?
«Diciamo che i viaggi e la fotografia sono passioni sorte sin dalla prima gioventù. La subacquea è arrivata attorno alla fine degli anni ‘80 insieme ai primi impieghi lavorativi. Successivamente, con la stabilizzazione dell’indipendenza economica, l’integrazione foto-sub è stata un passo naturale. I primi scatti con la storica Nikonos III e poi i vari upgrade…»

Quando le prime avvisaglie di questo tributo?
«Avevo partecipato a diverse categorie di concorso tra cui anche quelle di gruppo. Eravamo stati informati del fatto che, per questa specifica categoria, eravamo giunti in semi-finale. Dopo qualche giorno il nostro referente venne contattato per essere informato che una delle mie foto era giunta in finale, e mi era stato richiesto il file originale dello scatto. Il regolamento per questo contest è estremamente rigido e le regole limitano veramente al minimo gli interventi di post-produzione.
Il 24 dicembre ricevo una telefonata da Israele, da parte dell’organizzazione della kermesse che mi comunica la lieta notizia. Ricordo il simpatico siparietto nel quale, preso dall’emozione, ringraziavo il mio interlocutore per questo inatteso regalo di Natale.»

Quali gli altri riconoscimenti degni di nota?
«Nonostante scatti fotografie subacquee da una vita, la mia partecipazione ai concorsi fotografici inizia solo di recente. Da anni ho un broker che si occupa di gestire le royalty delle mie opere, ma la partecipazione al primo concorso avviene solo tre anni fa. E si trattò di uno scatto preso in apnea che raffigurava dei delfini, per il tema “Le grandi famiglie del mare”, nella categoria Snorkeling. Oltre ad essere la mia prima partecipazione diventò anche la mia prima vittoria. In seguito numerosi scatti nel tempo sono stati pubblicati dal National Geographic Magazine. Comunque al momento il tributo più lusinghiero che abbia mai ricevuto è stato quello di vedere una mia foto esposta al palazzo dell’ONU a New York. Partecipai, per accontentare un’amica, al concorso fotografico Obiettivo Terra, promosso dalla Fondazione Univerde e dalla Società Geografica Italiana, con uno scatto ritratto nell’area Marina Protetta di Punta Campanella. Vennero selezionate 30 tra le oltre 1800 candidature pervenute, e, con mia grossa sorpresa, ma con estremo orgoglio, furono oggetto della mostra “Missione Earth 2016 – The sea: the blue lung of the world” inaugurata il 31 maggio al Palazzo delle Nazioni Unite a New York in collaborazione con Marevivo e la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Onu.»

Quanto è stato di aiuto avere al tuo fianco una compagna di vita che condivide le tue stesse passioni?
«Certamente il fatto di avere un’istruttrice subacquea come compagna, per altro estremamente brava, mi ha consentito di poter dedicare molto più tempo a questa passione.
Inizialmente io ero dedito a immergermi quasi esclusivamente in mari tropicali, mentre Miranda è una grande appassionata di immersioni nel Mediterraneo. Il nostro rapporto ci ha sin da subito consentito di ampliare i nostri reciproci orizzonti. Bisogna anche dire che Miranda, oltre a farmi saltuariamente da modella, è una acerrima concorrente, molto competitiva, e questo ci dà reciproco sprono a migliorare.»

A chi dedichi questo successo?
«A mia madre, venuta a mancare proprio in concomitanza dell’investitura del premio, il quale è stato ritirato da altri amici fotografi in mia vece.»

Quali soni i tuoi prossimi programmi?
«A breve partirò per il Sudan, di cui sono innamorato, e dove spero di fare qualche bello scatto “ambiente”. Andremo con un gruppo di amici in una barca storica: la Felicidad II di Aurora Branciamore, squisita persona che tanto ha dato al mare e alla subacquea.
Ho in programma anche la  partecipazione al concorso Oasis, organizzato dall’omonima rivista, e lo farò anche in altre categorie, oltre a quella subacquea, in quanto la mia passione per l’immagine va ben oltre la sabbia del mare.
Anche se invogliato da più fronti nel partecipare ai vari concorsi, la mia finalità è sempre quella di fare qualche scatto che mi soddisfi e che mi regali, in futuro, il ricordo della bellezza del luogo dove sono stato. E se poi dovesse farmi vincere qualcosa…ben venga, ma non è certo una priorità.»


9 realtà trascurate dalle didattiche per l’apnea

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Nel mondo dell’apnea di oggi tra il fare e l’insegnare … c’è di mezzo il mare. In altre parole, se ci si chiede quanto sia vicino alla realtà ciò che viene insegnato dalle didattiche dell’apnea, tocca rispondersi “…in verità, molto poco!”. Vediamo nove esempi di questa preoccupante discrepanza.

Di Marco Mardollo. Foto Marco Mancini

Dal mio osservatorio privilegiato, quale responsabile subacqueo di Y-40 – la piscina più profonda al mondo, vedo passare tanti, tantissimi apneisti, di molte scuole, di ogni regione italiana, oltre a tanti europei.
Vedo all’opera una quantità di istruttori, bravi, appassionati, che corrono dietro ai loro allievi, letteralmente spolmonandosi per migliorare una gamba piegata, una schiena inarcata, un movimento poco fluido.
Ma le didattiche di apnea stanno facendo qualche sforzo per far sì che gli istruttori siano aggiornati?
Per certi aspetti, pare ancora di rivivere i tempi – purtroppo recenti – in cui perdurava la consuetudine d’iniziare i corsi di apnea di base tollerando l’uso delle pinne da bombolari… “tanto, per chi comincia, sempre pinne sono!”
Ecco, vorrei perciò porre alla vostra attenzione qualche punto che a mio modo di vedere, se considerato adeguatamente, potrebbe dare una marcia in più alla nostra apnea. E magari permettervi di segnalarcene qualche altro, secondo la vostra esperienza. Insomma, che ne pensate? Tutto ciò nella convinzione che una maggior pubblica consapevolezza intorno al problema possa in fondo aiutare tutti quanti.

Collare
Avere un buon galleggiamento va bene, ma nel fare gli esercizi di apnea emergono tante disparità tra gli apneisti. Molte volte ci si trova a fare un esercizio, magari banale, ma l’eccessivo galleggiamento è una complicazione che vanifica gli sforzi (e demoralizza facilmente l’allievo).
L’impiego del collare, invece, da più di dieci anni entrato nell’uso comune degli apneisti, permetterebbe una facilitazione notevole nell’apprendimento degli esercizi di base e, eliminandolo con gradualità, potrebbe far aumentare quelle capacità acquatiche che tutti vorrebbero migliorare.

Pinneggiata
Ormai le pinne leggere (classe di pinne lunghe di ultima generazione, in via d’affermazione da due o tre anni a questa parte, solitamente in fibra di vetro o carbonio, caratterizzate da particolare morbidezza e responsività elastica, tali da risultare più performanti delle consuete lunghe rigide) sono una realtà e moltissimi sono gli apneisti che le preferiscono. Ma si tratta di attrezzi molto diversi dalle pinne tradizionali dure e lunghe, hanno un principio di funzionamento differente e una tecnica d’impiego del tutto diversa. Le didattiche non hanno neppure pensato di prendere in considerazione le indicazioni del mondo delle gare, con la conseguenza che gli istruttori non hanno nessuna indicazione concreta “tecnica” sul movimento.

Linyard…
Le profondità che ormai si raggiungono in apnea sono davvero notevoli, non è raro trovare persone che scendono oltre i 40 metri, quote proibitive fino a qualche anno fa.
Aumento di praticanti, nuove tecniche di compensazione, nuovi materiali più performanti, tutto ha portato ad un aumento delle profondità media degli apneisti.
Ma all’aumento delle quote, non vedo corrispondere un miglioramento delle tecniche di recupero e di sicurezza.
Il linyard – il cavetto di sicurezza – non viene neppure preso in considerazione dalle didattiche e molti lo considerano solo un gran fastidio.

…e contrappeso
Sempre a proposito di linyard va aggiunto che c’è chi lo usa senza un adeguato sistema di contrappeso, rendendo sicuro il recupero, ma non certo il salvataggio in tempi brevi.
Costruire un sistema di contrappeso può costare qualche centinaio di euro, più o meno come un buon paio di pinne, ma le didattiche sono molto tiepide nel prescriverne l’obbligo, forse per paura di perdere appeal, complicando la vita agli istruttori.
Ma non rendendosi conto che sul lungo periodo si potrebbe davvero parlare di un’apnea ad un più alto livello di sicurezza.

Boccaglio
Indispensabile in superficie, inutile durante l’apnea.
In un gruppo di apneisti si vedono sempre svariati modi di equipaggiarsene: tenuto alla tempia, lasciato al compagno, ecc… Ogni modalità ha dei pro e dei contro, ma di sicuro riuscire ad averlo sempre addosso è un’ottima cosa.
Tenerlo all’interno del cinghiolo, poggiato sulla tempia, lo fa vibrare e diventare fastidioso. Infilarlo invece nel foro del cinghiolo sulla parte superiore della nuca, zona che al contrario dell’altra è più larga, lo fa stare ben stabile e il risultato funzionale è molto migliore.
Per un istruttore tenerlo in mano è, onestamente, un bell’impiccio, soprattutto se deve intervenire con un allievo o altro. Mani sempre libere non è meglio?

Rana subacquea
La rana in immersione viene insegnata dagli albori della didattica subacquea; negli anni 60 e 70 era il biglietto da visita del provetto subacqueo. Ad oggi, nonostante ci siano gare, record mondiali e misure impressionanti anche da noi, nessuna didattica si cura di fare e approfondire un corso strutturato di questa disciplina, la più pura, tra le specialità senza respiro.
Che vuol dire questo? Che chi vuol fare e migliorare la rana deve affidarsi alla buona volontà dell’istruttore che gli capita…

App per la statica
Gli appassionati sanno che ci sono molte App, per Ios o per Android, che si occupano di fare tabelle per apnea, ipossiche, ipercapniche, di respirazione yoga e altro.
Con semplici comandi vocali permettono allenamenti a secco di gruppo e sappiamo tutti che infrangere la noia delle solite sessioni con un po’ di varietà potrebbe fare molta differenza.
Anche qui molte didattiche sono al palo. Incapaci di capire l’importanza che possono avere metodi innovativi di allenamento, preferiscono lasciare tutto in mano all’istruttore, che, oltretutto, dispone spesso di nozioni e metodi magari neppure tanto aggiornati.

Monopinna
I corsi di monopinna interessano oggettivamente poche persone. La mono è un attrezzo affascinante e permette prestazioni straordinarie, ma il suo apprendimento richiede tempo e impegno. Solo alcune didattiche hanno uno specifico corso per insegnarne l’uso per scendere in apnea. La maggior parte lascia alla buona volontà degli istruttori, tra l’altro senza alcuna formazione specifica, la possibilità di insegnamento. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: gente che si muove senza tecnica, in maniera improbabile e che talvolta riesce perfino a farsi male.

Scooter subacqueo
C’è! Allora perché non imparare a usarlo? Nell’assistenza, nel soccorso, nel divertimento. Siamo d’accordo, costa almeno 1.500,00 Euro, ma un club può comunque pensare di prenderne uno.
Imparare ad adoperare uno scooter con un apposito corso e con standard ben definiti potrebbe permettere ad apneisti di buon livello di migliorare le loro abilità e contemporaneamente di avere un mezzo veloce che aumenta il livello di sicurezza.

Il temibile Molch

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Se vi dicessero che nel golfo di Trieste, durante la 2^ Guerra Mondiale, c’era una base segreta di sommergibili tedeschi? Non ci credereste? Beh, fate apnea davanti alla baia di Sistiana e potreste ancor oggi sfiorare in punta di pinne nientemeno che un minisottomarino monoposto della KriegsMarine: il misterioso Molch.

A cura di Redazione e Chiara Scrigner. Foto subacquee Fabio Iardino. Foto esterne Chiara Scrigner. Contributo storico Maurizio Radacich.

Nei fondali pianeggianti e di non sempre estesa visibilità posti proprio di fronte alla località triestina di Sistiana giace quella che oggi è diventata una pacchia per i fotosub e i biologi subacquei amanti dei nudibranchi (come accade del resto un po’ in tutta la zona), e si trova a profondità da snorkeling (o quasi): il relitto di una classe di sommergibili tedeschi dell’ultimo conflitto mondiale. Sommergibili poco noti e molto speciali. Con ogni probabilità una delle famigerate “armi segrete di Hitler” che, tecnologicamente avanzate per l’epoca nonché d’impiego ultra-specializzato, il regime del Terzo Reich tentò di mettere in campo per ribaltare le sorti della guerra ormai segnate. Il battello aveva due peculiarità assolute: era “tascabile”, lungo cioè poco più di due auto familiari messe in fila; e poteva essere impiegato e pilotato in combattimento da un solo sommergibilista. Che, a dir il vero, dovette assomigliare un po’ ai tragicamente noti Kamikaze giapponesi, data l’improbabilità di riuscire a prevalere in un eventuale scontro navale, sebbene per le sue dimensioni così contenute fosse armato pesantemente con ben 2 siluri d’impiego differenziato e si presentasse perciò come un’insidia potenzialmente letale. Così com’è probabile che le sue dimensioni tanto contenute fossero state concepite per una più efficace manovrabilità in fondali tendenzialmente piuttosto bassi, cioè proprio quelli caratteristici dell’alto Adriatico.

Identikit del Molch
Soprannome: “salamandra – o tritone – di Adolf” (molch = salamandra, in tedesco).
Lunghezza: 10,8 metri.
Larghezza: 1,82 m.
Dislocamento: 11 tonnellate circa (secondo l’allestimento).
Propulsione: elettrica, a batterie-accumulatori, motore monoalbero da 13 HP tipo quello di un siluro.
Velocità massima: 4,3 nodi in superficie, 5 in immersione.
Autonomia in occultamento (sott’acqua): 50 miglia.
Massimo tempo d’immersione: 50 ore.
Profondità limite d’esercizio: – 40 m.
Armamento: 2 siluri (di cui 1 per bersagli di superficie e 1 per target sommersi).
Unità prodotte: 390 (sommando il 1944 e il 1945), presso il cantiere Flender, Lubecca (Germania).
Impiego: sorveglianza difensiva costiera delle zone sotto occupazione tedesca nel periodo fine 1943-45
Base sommergibilistica: impiantata in segreto sul posto nell’autunno del 1943.

L’esemplare in foto esterne del nostro articolo è stato fotografato in esposizione nella mostra “Nel mare dell’intimità – l’archeologia subacquea racconta l’Adriatico”, a Trieste, ex Pescheria – Salone degli Incanti, in Riva Nazario Sauro, 1 … arrivato lì dal museo de Henriquez (il collezionista Diego de Henriquez – Trieste, 1909-1974 – l’aveva recuperato dal fondo del mare nell’agosto del 1945). La mostra è ancora aperta al pubblico, fino al 1° maggio prossimo.

Oggi che proprio a proposito del Parco Navale del golfo di Trieste si è così prossimi in tale zona alla realizzazione della prima esperienza di affondamento pilotato di naviglio a scopo di rivalorizzazione ambientale (= “scuttling”), documentandosi sul Molch si apprende che il sorprendente battello subacqueo da guerra fu un caso emblematico di scuttling secondo l’originaria accezione militare di questo termine: fu cioè “autoaffondato” dai tedeschi sul finire del conflitto, prima che abbandonassero l’area – e con l’esemplare di Sistiana molto probabilmente anche svariati altri, fatti inabissare, danneggiati o asportati – in modo che simili macchine belliche non fossero catturate ancora funzionanti dagli Alleati.

Immergersi oggi sul relitto del Molch
Il relitto del Molch di Sistiana si trova ancor oggi alla bellezza di 9 (nove) metri di profondità! A questo punto penserete che sia facile localizzarlo, ma non è così. In passato a volte qualche anima pia ci attaccava una sagola per scovarlo. Allora voi direte “ma possibile che a soli 9 metri proprio non si riesca a trovarlo?” Purtroppo, a causa della visibilità spesso ridotta, talvolta nemmeno dopo un’ora di ricerca si viene a capo dell’impresa. Comunque è risaputo dai subacquei della zona che bisogna prendere delle mire da terra, ovvero: guardando le cabine spogliatoi, prendiamo come riferimento la seconda da sinistra. Poi ci giriamo verso il mare e, quando il faro rosso del porto sulla destra è allineato con noi, più o meno ci dovremmo essere sopra il fantomatico relitto. E parliamo di nemmeno una decina di metri dalla riva! È perciò molto comodo arrivarci da terra, come detto dista veramente poco dalla spiaggia e, premesso che sia stato ben localizzato, la barca non serve. L’immersione è libera (nel senso accessibile a chiunque) ma dipende dalla stagione: durante il periodo estivo non si possono fare immersioni in orario di balneazione. Prima o dopo sì. Durante il resto dell’anno in tutta l’area antistante la spiaggia del Castelreggio è possibile invece immergersi liberamente. In ogni caso conviene informarsi in Capitaneria di Porto a Trieste e/o presso il locale Sistiana Diving Center. Come ci accoglie il relitto? È in uno stato di conservazione ancora accettabile, nel senso che sono presenti le immancabili incrostazioni e sabbia ovviamente, ma tutto sommato si riesce ancora a capire che si tratta di un sommergibile vero e proprio, anche se non sono più presenti né periscopio né siluri (il primo c’è stato fino a non troppi anni fa).
Perché uno oggi come oggi dovrebbe volersi immergere sul Molch di Sistiana? Solitamente ci si va per due motivi: il primo è l’interesse storico del relitto, accessibile anche a subacquei alle prime armi che possono dire di aver visto un vero sommergibile affondato. Il secondo è l’interesse biologico, infatti come spesso succede i relitti sono popolati da flora e fauna in abbondanza, e il Molch non è da meno. Ci si possono trovare diverse specie di nudibranchi, spugne, molluschi, crostacei e a volte cavallucci. È insomma un’immersione insospettabile nel saper mescolare sapientemente il fascino del mistero con quello di straordinarie forme di vita.

Curiosità meno note sul Molch

A questo punto, essendoci venuta voglia di qualche ulteriore approfondimento, l’abbiamo cercato da un esperto appassionato, Maurizio Radacich, che sul Molch – in particolare sul relitto di Sistiana – ha anche scritto molto in un suo libro di prossima pubblicazione dal titolo “Sistiana. Da portum Sistigliano a Portopiccolo” (in corso di stampa, uscirà entro l’anno per le edizioni del Gruppo Speleologico Flondar del Villaggio del Pescatore).
Signor Radacich, quando e da parte di chi avvenne il ritrovamento del Molch di Sistiana?
«Il relitto è stato ritrovato dalla Guardia di PS Giovanni Macor e dal maresciallo PS Arnaldo Umek nel 1971.»
Le sembra plausibile che ce ne siano altri?
«Nel 1967 avevano già individuato un altro Molch, poi recuperato e portato al museo di La Spezia.
Come scritto nel mio libro in uscita che avete citato, il Maresciallo Umek era in possesso di un disegno, fatto su un foglietto di quelli un tempo utilizzati dai camerieri per fare il conto (del ristorante Tre Noci di Sistiana), realizzato negli anni ’60 da un ex ufficiale della marina germanica in vacanza a Sistiana su cui questi aveva tracciato per sommi capi la baia di Sistiana e segnalato dove aveva affondato i Molch. Su tale disegno si notano dei trattini che stanno ad indicare i Molch (ben tre nello stesso luogo) e più discosto verso Portopiccolo un altro segno – tre piccoli tratti – che potrebbe indicare un ulteriore Molch.»
Le risulta che questo o altri esemplari della serie abbiano mai veramente ingaggiato battaglia? E nel caso con quali esiti?
«I Molch furono usati per un’incursione in territorio francese (riportata anche in internet) ma non ebbero molta fortuna. Sta di fatto che quelli di Trieste non furono mai impegnati in azioni belliche. A Sistiana giunsero da Verona 29 Molch (erano partiti in 30 ma uno fu distrutto durante un’incursione aerea) e furono alloggiati in almeno due luoghi della Baia: Caravella e Castelreggio. Sicuramente una decina in zona Caravella, come si può vedere dalle foto fatte da Diego de Henriquez nell’agosto del 1945, foto conservate presso il Civico Museo Diego de Henriquez di Trieste.»
E della base sommergibilistica segreta che ci dice?
«I Molch venivano alati in mare in tre luoghi, sicuramente presso l’attuale stabilimento della Caravella (e di questo esistono alcune immagini in un filmato su Youtube intitolato Weekly Revuew N. 206 Danger in Trieste.) Un altro castello di alaggio si trovava dove oggi abbiamo il molo di Castelreggio e, anche a detta di un articolo su “Il Messaggero Veneto” del 1° aprile 1967 … presso l’attigua spiaggia ghiaiosa di Castelreggio stesso.»

Un prossimo evento a tema
Per chi volesse saperne ancor di più c’è anche una ulteriore preziosa occasione ormai imminente: lunedì 9 aprile prossimo, alle ore 19:30, in località Scoletta dei Calegheri – San Tomà, a Venezia, si terrà a cura dell’Associazione Sommozzatori RariNantes Venezia, l’incontro dal titolo “I Sommergibili tedeschi Molch” (nona serata della serie “La storia sotto il mare”), relatore Lorenzo Lucia dell’Associazione Culturale Novecento. Relatore e associazione che già nel gennaio del 2016 ebbero a promuovere la proiezione del documentario dal titolo “Molch, base segreta” di cui lo stesso Lorenzo Lucia è il regista e videoperatore subacqueo.

Foresta di laminarie nello Stretto

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Un team subacqueo di Messina in immersione sui fondali dello Stretto scopre un’intera foresta di laminarie oceaniche.

A cura di Fausto Accordi.

Una interessante scoperta di notevole rilievo biologico è avvenuta a Messina appena due giorni fa ad opera di un team di subacquei appartenenti alla GUE – Global Underwater Explorer.
Il team, composto da Roberto Ucciardello, Cosimo Muscianisi e lo scrivente Fausto Accordi, stava svolgendo una immersione in località Faro a Messina con la finalità di etichettare e misurare alcuni esemplari di alga Laminaria oceanica (Laminaria ochroleuca), un particolare tipo di alga che cresce nei fondali dello Stretto di Messina grazie alle particolari condizioni ambientali che ne favoriscono lo sviluppo.
Immediato e spontaneo il riferimento all’alternarsi delle intense correnti marine tipiche della zona – che di certo hanno un ruolo nella presenza già accertata delle laminarie oceaniche in questo tratto di mare – stavolta è stata la particolare consistenza dell’insediamento algale ad aver destato stupore e curiosità.
Ad una profondità di sessanta metri infatti – e grazie ad una ricerca ad ampio raggio favorita dall’utilizzo dei veicoli subacquei di cui il team era dotato – veniva localizzata una vera e propria “foresta” di Laminaria oceanica.
La scoperta è importante dato che le precedenti immersioni di monitoraggio ambientale avevano rivelato invece una notevole rarefazione del numero degli esemplari.

Cnidari protagonisti

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Un fotocontest on-line, una gara fotosub estemporanea e una giornata a tema: tre iniziative in una, interamente dedicate al magico mondo dei coralli. Ma sono gli ultimissimi giorni di iscrizione: affrettatevi!

A cura della Redazione. Foto Simone Modugno.

Questa è la stagione in cui i concorsi e i trofei a premio di fotografia subacquea ambientale si moltiplicano. Ecco che vogliamo segnalarvene tra i più imminenti, specie con riferimento al loro particolare valore naturalistico.

La prima iniziativa prende origine da un’idea esclusiva di Com’On Dive (H7-25 srls) basata in special modo sull’impegno scientifico del biologo marino Simone Modugno PhD “e con l’aiuto di tanti, tanti amici” – come lui stesso aggiunge – nonché in collaborazione con lo Staff dell’Hotel REX di Antignano (Livorno) e il patrocinio dell’Associazione Scogliera di Calafuria, grazie all’insostituibile contributo dell’Antignano Diving Center di Stefano Alessandri; consiste in questa prima edizione 2018 nel concorso fotografico “CNIDARIA”, contest foto sub on-line dedicato al Corallium rubrum e a tutti i Coralli presenti nei mari e negli oceani, con particolare riferimento al tratto di mare definito il “Miglio Magico” lungo la Costiera di Calafuria. Ma attenzione: per questo concorso le foto devono pervenire al massimo entro la mezzanotte del giorno domenica 22 aprile! (Premiazione prevista poi in svolgimento nel sabato 28 aprile).

La seconda iniziativa a tema è intitolata “ROSSO CORALLO” e si tratta d’una gara di fotografia subacquea in estemporanea indetta per il sabato 28 aprile (con premiazione all’indomani, domenica 29 aprile, in orario di primo pomeriggio).

Infine, ecco la terza importante iniziativa: nella stessa data della domenica 29 aprile è stato indetto il “GIORNO DEDICATO AL CORALLO ROSSO DI CALAFURIA” con presentazione della proposta di Area SIC della Secca di Calafuria insieme all’Associazione Costiera di Calafuria. In pratica, una giornata di festeggiamento e celebrazione del bellissimo organismo marino, simbolo del coralligeno e del Mare Nostrum. Giornata che va significativamente a intrecciarsi anche con la rinomata manifestazione nautica “TAN – Trofeo Accademia Navale-città di Livorno”.

La serie di eventi che fanno capo alle tre iniziative vogliono rappresentare nel loro insieme un diverso modo di celebrare la ricchezza e la particolarità della biodiversità marina del Coralligeno Mediterraneo e del gruppo degli Cnidari in genere: organismi esclusivamente acquatici che si mostrano in mare sotto tante meravigliose forme, tra cui meduse (Scifozoa), idrozoi (Hydrozoa), coralli (Anthozoa octocorallia) e attinie (Anthozoa exacorallia) sono alcune, che popolano il nostro mare e tutti i mari e gli oceani del mondo!

Tutte le informazioni di dettaglio sono reperibili consultando il sito www.cnidaria.it (e/o scrivendo all’e-mail: info@cnidaria.it) dove si trovano pure i regolamenti e le istruzioni per l’iscrizione, che replichiamo anche noi di SerialDiver allegandoli a questo articolo.

5 motivi per essere stati all’EUDI-Show

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Fino a pochi giorni fa non s’è parlato d’altro. Dopotutto l’EudiShow continua a essere il maggior evento fieristico espositivo di subacquea che si svolga nel nostro Paese. E anche quest’anno, tra chi s’è chiesto se sia servito e chi non se n’è persa un’edizione, tanti hanno optato per farci un salto. Mentre chi non ha potuto avrebbe voluto farlo. Perché? Ecco in 5 step cosa ci hanno trovato gli appassionati quest’anno. In vista del prossimo.

A cura della Redazione. Foto Chiara Scrigner

Calato da poco il sipario anche sugli ultimi strascichi della più importante e famosa fiera delle attività subacquee che si svolga in Italia – ormai di taglio pure europeizzante – ci siamo voluti divertire a chiedere in giro i perché e i per come attragga tanto interesse, colore e discussioni. Una specie di Festival di Sanremo del settore, immancabile per chiunque (o quasi). Difficile infatti disinteressarsene del tutto e chi dice di esserne capace è più probabile veda allungarsi il proprio naso come Pinocchio. Così, senza la pretesa di essere esaustivi né scientifici nel sondaggio, preferendo piuttosto un criterio sommariamente “spannometrico”, abbiamo cercato di radunare in 5 gruppi le motivazioni principali che ci sono state riferite. L’abbiamo pensata anche come la nostra maniera per contribuire al fenomeno, accrescendo pure nel resoconto e nei postumi – dopo tutte le anticipazioni fornite prima della Fiera – quel senso di consapevolezza collettiva sempre utile, non foss’altro che per suggerire un’attenzione più mirata possibile alle varie iniziative. Magari in vista della prossima e già annunciata 27^ edizione.

1 – «Relatori e conferenze per ogni materia…» Questa è stata una delle motivazioni più comuni. Era veramente difficile, infatti, non trovare almeno un incontro, un relatore o un momento conferenza cui assistere, pure partecipandovi dal vivo con proprie domande e interventi, anche più volte nei tre giorni, con una copertura di argomenti e materie in pratica assoluta.

2 – «Presentazioni prodotti e attività…» Estremamente diffusa anche la partecipazione per assistere alla presentazione tecnica di nuove apparecchiature e delle connesse iniziative di attività promozionali. Un esempio su tutti? La presentazione in anteprima (aveva avuto il solo precedente del Boot di Dusseldorf) del subito battezzato “rebreather per tutti”, anche in esposizione diretta presso lo stand Mares…trovate la foto nella nostra gallery. Qualcosa che – c’è da scommetterci – farà discutere e su cui torneremo senz’altro con i dovuti approfondimenti.

3 – «Novità e tendenze, con costi d’acquisto o prenotazioni “a offerta fiera”…» Moltissimi hanno approfittato della visita alla fiera – anzi, diciamolo pure…ci sono andati appositamente! – per acquistare a condizioni di offerta speciale l’equipaggiamento del cuore, che fosse il computer da polso o la muta su misura. Perché lì era possibile toccare con mano e scegliere novità tecniche, materiali, colorazioni e quant’altro e per una gamma di scelta vastissima. E dove non arrivava la mano, perché magari il prodotto era ancora solo in foto, si poteva prenotarlo, sempre con sconti irripetibili. Idem per il settore tour operator, con l’offerta sempre più diversificata di viaggi e permanenze di vacanza in tutto il mondo, così come di diving e resort vari ovunque.

4 – «Incontri con personaggi e celebrità…» Sono molti nel nostro settore i personaggi e con essi non s’intende più soltanto la celebrità assoluta, che è ancora retaggio di una provenienza televisiva – insomma, per intenderci, l’Umberto Pelizzari nazionale – ma anche tanti “influencer”, funzione di matrice social media ma che nel nostro campo viene incarnata anche fuori da Facebook (per fortuna!) da riferimenti assoluti per le varie discipline o attività, che siano blogger o meno. Basti pensare a grandi campioni, notissimi istruttori, recordman di vario genere, responsabili di aziende, fotografi, autori. Ebbene, all’Eudi è stato possibile incontrarli quasi tutti, per la gioia dei rispettivi fans.

5 – «Editoria, divulgazione, spettacolo…» Anche l’informazione, specie sotto forma di edutainment (intrattenimento educativo), ha ricoperto una buona fetta della fiera, sebbene in maniera parcellizzata e distribuita sotto molte sembianze. Del resto, da tempo non c’è più soltanto l’editoria classica di settore – tra l’altro di recente ridotta ai minimi termini, specie com’è noto riguardo alle riviste cartacee – ma è subentrato tutto il mondo web (c’eravamo anche noi, per la prima volta con nostro stand). Poi ha preso meritatamente campo l’azione direttamente divulgativa di realtà un tempo latitanti dall’informazione diretta e oggi invece sorprendenti nella capacità di comunicare anche la scienza: ci riferiamo – quale esempio principale – alla SIMSI-Società Italiana di Medicina Subacquea e Iperbarica che, sotto la vulcanica presidenza del Dr. Pasquale Longobardi, lascia il segno. Le sue “buone pratiche” per immergersi nelle giuste condizioni e con il corretto comportamento sotto il profilo sanitario e della prevenzione – un decalogo simpaticamente riportato pure sull’etichetta di bottiglie di buon rosso – hanno costituito uno dei cardini di un’azione divulgativa che è diventata rapidamente emblematica.

A questo punto qualche dato quantitativo non guasterà: se infatti i numeri non sono necessariamente un indice di qualità, è altrettanto vero che non sono nemmeno un’opinione. E in ogni caso possono essere ritenuti sintomatici della vivacità e del fermento d’interesse che la manifestazione riesce a movimentare. Ed eccoci allora a considerare che all’Eudi 2018 nelle tre giornate di fiera complessive si sono registrati 30.000 ingressi in totale, di cui solo un 10,2% al venerdì (di certo falcidiato dalle difficoltà stradali per via della neve); ma poi ben il 51,5% al sabato; per concludersi con un consolidato 38,3% alla domenica. Il 5% dei visitatori ha acquistato il biglietto/abbonamento per tutte e tre le giornate. Si è avuto un 2% di visitatori dall’estero. La ripartizione tra i due settori, apnea e scuba, ha fatto registrare rispettivamente un 20% e un 80%. La presenza di operatori di settore tesserati ha raggiunto le 1.275 unità. Gli espositori sono stati addirittura 274 nel globale (di cui 174 diretti e 100 indiretti). Circa le attività, gli eventi interni tenutisi durante la kermesse sono stati ben 256. Ci vanno aggiunti 12 eventi maggiori in spazi appositamente interattivi per i collegamenti esterni. I partecipanti al concorso fotografico EudiPhoto sono stati 240 mentre 116 sono stati quelli iscritti al concorso video EudiVideo. Nel complesso sia questi sia altri indicatori hanno deposto per un aumento generalizzato (anche se non sempre rilevante), che a sua volta conferma le sensazioni precedenti – anche di alcuni mesi – l’edizione di quest’anno, che già suggerivano l’incremento, come ad esempio quelli relativi alle prenotazioni degli spazi espositivi.

Ma adesso il nostro racconto preferiamo proseguirlo per immagini. Non solo perché ancora inedite – vi invitiamo ad aprirne le didascalie – ma anche perché, a sottolineare la nostra presenza fisica in fiera, le abbiamo realizzate di persona e autonomamente. Anche qui senza la pretesa di aver ritratto tutti i partecipanti (sarebbe stata impresa impossibile), anzi pregando chiunque non sia stato immortalato di non volercene: siamo dovuti necessariamente andare “a campione”, cercando di rappresentare piucchealtro il senso della “biodiversità” delle situazioni, dei campi d’interesse, delle aree tematiche e della varietà delle iniziative che l’Eudi quest’anno più che mai ha voluto incarnare. Ci è sembrata la miglior conferma della motivazione suprema per essere stati all’Eudi. Quella che – a prescindere dalle 5 riportate sopra – è stata davvero più sulla bocca di tutti: in base ad essa, all’Eudi si va soprattutto per incontrarsi e rincontrarsi. Sentendosi, per un minuto, un’ora o un giorno, elementi di una comunità di persone che condividono la stessa profondissima passione, declinata in tutte le sue forme. C’è forse un “arrivederci all’anno prossimo” migliore di questo?

Bagliori dall’abisso

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Viaggio nelle blackwater dive, per immergersi a osservare e documentare la migrazione notturna verticale di fantasmagorici organismi luminescenti che risalgono da centinaia di metri di profondità. Un’esperienza unica. Ecco dove, come e con chi potete farla anche voi.

A cura di Virginia Salzedo. Collaborazione tecnica di Paolo Bondaschi. Foto di Virginia Salzedo e Paolo Bondaschi

Cercheremo in questo articolo, grazie a recenti esperienze di più persone, di introdurre alcuni dei principali concetti necessari per conoscere il mondo della “black dive” e alcuni suggerimenti fotografici per riuscire a catturare buone immagini, come trovare i soggetti, come avvicinarli e quali attrezzature particolari necessitano per farlo.
Sentiamo intanto cosa e quali sono le blackwater dive consultando Paolo Bondaschi che, da istruttore subacqueo e appassionato fotografo subacqueo, lavora da molti anni nelle Filippine e, da alcuni mesi, ha introdotto questa tipologia d’immersione nei pacchetti diving che propone ai suoi clienti fotografi.

BLACKWATER DIVE… NON BASTA LA PAROLA
Innanzitutto per non confondere i termini facciamo una chiara distinzione sui due tipi di “Blackwater dive”, una è la “Blackwater diving”, l’altra è la “Bonfire diving”.
La Blackwater diving si svolge in mare aperto e differisce completamente dall’immersione notturna perché si svolge laddove non c’è fondo, in acque molto profonde – si parla anche di oltre i 500 metri – perché queste sono le aree dove gli organismi pelagici e larvali compiono la migrazione verticale.
Viene calata in acqua una boa con una luce stroboscopica di segnalazione fissata a una cima con un peso all’altra estremità. Saranno poi agganciate delle fonti luminose potenti alla cima, per attirare i soggetti, alle diverse profondità stabilite in base alla tipologia d’immersione che andremo a eseguire. La migrazione verticale inizia solo quando il buio è assoluto. L’imbarcazione non può ancorare e in gergo questa sarà una “drift dive” (immersione in corrente).
Si deve entrare in acqua dopo una quindicina di minuti dal posizionamento delle fonti luminose e bisogna farlo lentamente, scendendo fino alla quota stabilita per scattare le fotografie, lasciandosi trasportare dalla corrente per osservare la migrazione verticale degli abitanti degli abissi che avviene tutte le notti. Gli animali salgono verso la superficie perché più ricca di ossigeno ma arrivano anche per riprodursi e per procurarsi il cibo.
Ai primi raggi di sole questo strato di mare si spopola molto rapidamente e tutti ritornano verso il buio abissale.
La Bonfire diving si svolge invece in un’area con profondità limitata, utilizzando fonti di luce potenti direzionate verso il fondo appese sempre a una cima che parte dalla boa di superficie ed è ancorata al fondale. Durante questo tipo d’immersione ci si può aspettare di vedere soggetti ancora in fase larvale ma più vicini alla fase di metamorfosi del loro ciclo vitale.
In entrambi i tipi d’immersione si potranno ammirare una varietà di soggetti tra cui celenterati (idrozoi, scifozoi, sifonofori, cubozoi), chetognati, crostacei, tunicati, ctenofori, molluschi, gasteropodi.
Lo zooplancton è un elemento importante e rappresenta il combustibile che garantisce il fiorire della vita negli oceani. Difficile immaginare tanta varietà di specie, forme e colori senza il corretto apporto di cibo.
In senso orizzontale questi organismi non si sanno opporre alle correnti ma riescono a nuotare in verticale grazie ad apparati particolari e a compiere delle vere migrazioni passando dalla superficie dell’acqua, durante le ore notturne, alle profondità oceaniche durante il giorno.

Questi tipi d’immersione vanno effettuate in piena notte quando l’oceano è calmo e non ci devono essere onde alte né vento forte. Sarebbe tutto inutile perché il rimescolamento dell’acqua, anche a poche decine di metri sotto la superficie, non permetterebbe un’immersione in sicurezza e non si potrebbe apprezzare quanto sta accadendo.
Per i fotografi che amano fare immersioni notturne, anche se potrebbe sembrare naturale, la “black dive” potrebbe essere un’esperienza non proprio semplice. Il pensiero di immergersi in mare aperto, di notte, con un fondale di svariate centinaia di metri sotto di noi senza alcun reef visibile cui fare riferimento potrebbe intimidire anche il fotografo subacqueo più esperto, provocandogli un po’ d’ansia.
Come possiamo gestire questa situazione? Il modo più semplice è di rimanere vicino alla cima della boa alla deriva che è ben illuminata perché il bagliore del sistema d’illuminazione permetterà, anche ai meno esperti, di sentirsi al sicuro.
Il nostro assetto è un’altra delle cose di primaria importanza per questo tipo d’immersione. Fondamentale è avere una pesata corretta per mantenere un ottimo assetto perché, se avessimo chili per esempio in eccesso, ciò diventerebbe un problema in caso di corrente.

LA MIA ESPERIENZA
Sono partita per le Filippine con un’idea ben chiara in testa: provare almeno un’immersione in “Black Water”, nuova esperienza subacquea introdotta da alcuni mesi in questo paese.
Mi era capitato spesso di veder scorrere sui social delle incredibili immagini di strani esseri fotografati di notte, corpi stravaganti, occhi giganti e colori fluorescenti.
Avevo sentito nominare queste particolari immersioni da alcuni noti fotografi americani che si immergevano in Florida e le loro foto incredibili avevano suscitato in me grande curiosità.
Ed ecco quest’anno la mia scelta delle Filippine. Ho trascorso una settimana ad Anilao, paradiso marino per gli amanti della macro fotografia, accompagnata da una delle migliori guide specializzate per fotografi, Dennis Corpuz, dopo di che mi sono trasferita al Fisherman Cove di Puerto Galera, ospite di Giuseppe, il proprietario.
Per l’organizzazione del viaggio mi sono rivolta appunto al suddetto Paolo Bondaschi, istruttore subacqueo bresciano; vive da molti anni nelle Filippine ed è particolarmente specializzato nei viaggi fotografici subacquei.
Già prima della mia partenza ho espresso a Paolo il desiderio di provare un’esperienza di “black water” e lui si è subito attivato per rendere il tutto possibile.
I primi giorni ad Anilao ho preso confidenza con la mia guida Dennis e con un mare così diverso dal mio Mediterraneo. Ho fatto una bellissima notturna davanti al porto e poi finalmente è arrivato il momento della mia prima “black water” che è stata una “bonfire”.
La preparazione per me è stata scrupolosa, nulla va lasciato al caso. Le ore prima respiravo un’aria di tensione, il mare doveva essere calmo e con poca corrente altrimenti Dennis avrebbe rinunciato.
Ho ricaricato bene le batterie dei miei due flash e della luce pilota, montato il 60 mm in macchina e atteso che arrivasse il buio.
Siamo partiti dal pontile dell’Hotel appena è tramontato il sole e abbiamo navigato su una di quelle tipiche imbarcazioni filippine. Alle nostre spalle il mare si è infiammato di rosso, i tramonti filippini sono per alcuni versi struggenti.
Il cuore mi batteva a tremila, un misto di paura, emozione, ansia ha preso il sopravvento su di me. Dopo circa 15 minuti di navigazione siamo arrivati al punto d’immersione per la “bonfire” e Dennis si è buttato per primo. Poi i ragazzi dell’equipaggio mi hanno fatto segno che era il mio turno.
Accendo la macchina fotografica, i flash, la torcia e mi butto in acqua, il cuore mi salta in gola, questo è il mio momento, lo aspetto da mesi e ora devo solo godermelo.
Appena entro in acqua metto la testa sotto e capisco subito che non sarà facile scattare. La mia torcia non mi fa vedere nulla, il nero è troppo fitto e nel mare c’è tantissimo microplancton. Perdo subito ogni punto di riferimento, sono in balia del mare nero!
Dennis è fantastico, resta incollato al mio fianco e, con una luce molto concentrata, buca il nero alla ricerca di piccolissimi esserini.
Quasi immediatamente muove la sua torcia, è il segnale che ha trovato qualcosa di interessante. Si tratta di un piccolo pesciolino piatto e trasparente, faccio qualche scatto ma mi rendo conto che qualcosa non va nella mia macchina, le foto sono strane. Quasi immediatamente mi viene in mente che nell’ultima foto che avevo fatto nel pomeriggio avevo scattato con il programma doppia esposizione. Sospesa a 10 metri nel nero cambio impostazioni della macchina, sorrido per la mia disattenzione e da questo momento per me inizia il “rock&roll”.
Mi rilasso e il divertimento incomincia. Dennis continuamente oscilla la sua torcia per richiamarmi, segue i soggetti e li illumina.
Guardo il manometro, vorrei che questa immersione non finisse mai, ho ancora 70 atmosfere nella bombola, continua il divertimento.
Sono catapultata direttamente in un cartone animato, inseguo questi piccolissimi esseri che nelle mie inquadrature si animano, prendono colore, forma, vita.
Novantasei minuti di puro divertimento, io e Dennis nel nero a giocare con il mare delle Filippine. Esco dall’acqua con il cuore gonfio di gioia, non smetto di parlare, le emozioni hanno il colore nero della notte.
Alcuni giorni dopo mi trasferisco a Puerto Galera e qui conosco finalmente Paolo che si è fermato appositamente sull’isola per poter fare qualche tuffo con me e condividere la nostra grande passione fotografica.
Entro subito in empatia con lui e con Giuseppe, il proprietario del resort che mi ospita. Inizio subito a sentire una meravigliosa sensazione di pace interiore, un posto che conosco da poche ore ma che mi riporta a sensazioni famigliari, dove tutti mi sorridono e mi coccolano con discrezione.
Paolo e Giuseppe mi hanno subito preparato un bellissimo regalo di benvenuta, una “black dive” tutta dedicata a me.
Usciamo in barca dopo il tramonto e in circa dieci minuti arriviamo sul punto d’immersione. Intanto sono calate le tenebre e il cielo si è acceso di stelle incredibili, è talmente fitto e vicino a me che mi sembra quasi di toccarlo.
Questa volta sono molto più rilassata, Paolo organizza tutto in modo molto meticoloso, i ragazzi in barca lo considerano un capitano ed eseguono scrupolosamente ogni suo ordine.
Entriamo in acqua, io, Paolo e le nostre due guide. Sotto di me ci sono almeno 300 metri d’acqua, io devo guardare continuamente la grande boa illuminata e la mia guida Joseph, non sono legata a nulla, fluttuo in balia della corrente immersa a dieci metri di profondità. Non posso assolutamente perdere i punti di riferimento e rischiare di trovarmi sperduta nel mare delle Filippine.
La situazione è molto meno frenetica rispetto ad Anilao. Joseph gira intorno alla boa alla ricerca di qualche soggetto interessante. Arrivano gamberi, molluschi, meduse, anemoni con forme e colori incredibili, alcuni esseri sembrano avere occhi giganti o zampe sproporzionate.
La cosa che mi colpisce di più di questi organismi sono proprio le sproporzioni, una testa gigante su un corpo piccino o una quantità di zampe o di tentacoli incredibilmente numeroso per un essere così minuscolo. Infatti parliamo di esseri con dimensioni davvero piccole che però eseguono movimenti così rapidi che spesso non ti danno la possibilità di inquadrare e scattare.
Nella notte vedo i lampi dei flash di Paolo, scattano in modo frenetico, tre, dieci, venti scatti in sequenza. Mi avvicino con discrezione per non disturbarlo, sono curiosa di capire cosa ha trovato. Vedo una piccola medusa che corre nel nero e Paolo che la insegue. Anche qui a Puerto Galera si gioca di notte con il mare.
Le notti successive seguono due “bonfire”, entrambe su un fondale di 25 metri. Ormai mi sento una veterana, con la mia torcia buco il nero del mare e mi catapulto sul soggetto pronta ad immortalarlo.
Direi che questo viaggio ha soddisfatto la mia curiosità in merito alle black dive, esperienza incredibile, che ha dato un sapore un po’ tenebroso e speciale al mio soggiorno nelle Filippine.

TECNICA DI RIPRESA E SUGGERIMENTI
Stando fermi alla quota scelta, mai troppo profondi, e usando una torcia con un fascio di luce concentrato, cercheremo nell’acqua scura oggetti riflettenti, forme di vita che sfrecciano, pulsano, si colorano, scompaiono e riappaiono, o qualsiasi cosa possa attirare l’attenzione. Una volta individuato lasciatevi trasportare dalla corrente e andate alla deriva insieme al soggetto per fotografarlo al meglio delle vostre capacità.
La padronanza della tecnica di immersione gioca davvero un ruolo importante in queste situazioni e ci vorranno alcune immersioni per prendere familiarità.
Uno spettacolo nuovo e diverso, un impensabile e incredibile movimento sotto la superficie del mare.

SCELTA DELL’OBBIETTIVO
Per le reflex digitali con sensore ridotto consiglio un obiettivo da 60mm.
Un angolo di campo più ampio è utile per inquadrare il soggetto e lavorare a una distanza più ravvicinata.
Più il soggetto è lontano dall’obiettivo, maggiore sarà il backscatter.
Le lenti addizionali non sono normalmente utilizzate durante la “Blackwater diving” ma è la vostra immersione e sta a voi provarci e sperimentare.
Per la luce di puntamento usate una torcia con un bel fascio che consente alla fotocamera di mettere a fuoco rapidamente il soggetto durante le riprese.
Quando vediamo qualcosa d’interessante facciamo in modo di tenere la torcia “manuale” sul soggetto e lavoriamo portando la luce di puntamento su di esso.
Una torcia con raggio stretto ci permetterà di vedere più lontano nell’acqua scura rispetto a una luce con un fascio ampio che darebbe una riflettenza così forte che sarebbe come guidare con i fari abbaglianti accesi nella nebbia.
Si tratta sempre di immersioni notturne e penso che una minima quantità di backscatter possa aggiungere dimensione e spazio alla foto, piuttosto che sfondo nero puro.

ALLA RICERCA DELL’IDENTITÀ MANCANTE
La maggior parte dei libri d’identificazione degli organismi marini riportano tre fasi principali dello sviluppo della vita marina: giovanile, sessuale o riproduttiva e terminale. Ciò che i libri molte volte non spiegano sono le fasi pre-giovanili che trovo invece affascinanti: le fasi larvali e di metamorfosi.
I soggetti larvali e in via di assestamento sembrano completamente diversi rispetto ai loro coetanei adulti. Hanno comportamenti differenti e possono essere oggetto di immagini davvero uniche.

Tutti i soggetti che vediamo sulle barriere coralline o che nuotano intorno a noi iniziano come plancton (eccetto mammiferi e squali). Si spostano e migrano verticalmente e orizzontalmente come impone la corrente. Alcuni di questi trascorreranno le loro vite intere in mare mentre altri si svilupperanno ulteriormente e s’insedieranno nella sabbia o continueranno come pesci pelagici oceanici.
Sono questi soggetti larvali i veri fantasmagorici gioielli delle “blackwater dives”.

CON CHI E DOVE FARE LE BLACK-WATER DIVE
Nato a Brescia nel 1967, lacustre d’origine, ha iniziato l’attività subacquea nel 1998, completando tutta la formazione tra il lago di Garda e il lago di Lecco. Parliamo di Paolo Bondaschi, Istruttore subacqueo di diverse didattiche, che ha fatto della propria passione un vero lavoro – con al centro delle attenzioni oggi proprio le blackwater dive – e lo svolge nelle Filippine ormai da 14 anni, attualmente sull’isola di Mindoro a Puerto Galera, uno dei luoghi più apprezzati dagli amanti della subacquea. Insegna lingua italiana, inglese e filippina ed è anche istruttore subacqueo tecnico ed esperto conoscitore della biologia marina tropicale di questi luoghi. A stretto contatto giornaliero con fotografi professionisti e principianti, la curiosità lo porta a interessarsi di fotografia nel 2010, diventando prima un appassionato “fotografo amatoriale subacqueo” e, in poco tempo, una delle guide più richieste dai fotosub per la sua conoscenza dei luoghi e la capacità di scoprire i soggetti più interessanti, non solo dal punto di vista biologico ma anche fotografico. Ultimamente si è specializzato appunto nelle immersioni “Blackwater” ed è stato tra i primi a proporre questo tipo di tuffi nell’area di Puerto Galera. Quando è libero dal lavoro o quando si prende piccole vacanze in giro nel continente asiatico si diletta nella sua specialità preferita, la macrofotografia. Ha ideato “Macromania”, evento che si svolgerà quest’anno dal 5 al 15 maggio, e che sta diventando un appuntamento annuale fisso per appassionati, fotografi e per tutti gli interessati alla macro vita marina dei fondali delle Filippine. Contatti: Paolo Bondaschi +63 915 489 4650 paolo@paolobondaschi.comwww.philippinesdivingdream.com.

SUB CRIME

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Arriva la seconda edizione del convegno “Accertamenti tecnici di natura forense in ambito subacqueo (Under Water Forensis Criminalistics)”. Ancor più interessante della prima, si svolge quest’anno a Polignano a mare, il 19 maggio prossimo. Non perdetevela!

Di Gianfranco Simonini.

Nel corso della prima edizione, di cui ci occupammo anche su queste pagine quasi un anno fa (con un articolo dal significativo titolo di “CSI SUB”), furono trattati argomenti legati alla pura attività di polizia giudiziaria in ambito subacqueo; quest’anno i lavori di questa seconda edizione del più importante Convegno nazionale su quella che potremmo ridefinire (con la semplicistica sintesi – che ci perdonerete – di “criminologia subacquea”) saranno anche rivolti a dimostrare quanto le tecniche di sopralluogo, repertamento e recupero, normalmente utilizzate in polizia giudiziaria, si adattino alla perfezione al contesto dell’archeologia subacquea.

Ecco infatti l’elenco delle materie e dei rispettivi relatori che stanno per confrontarsi in pubblico presso l’Hotel Pietra Blu Resort, in Polignano a Mare (Ba), con inizio alle ore 9:00 del 19 maggio prossimo.

RELATORI

Sebastiano Tusa, Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, docente di Archeologia navale presso la Philipps Universitaet di Marburg, attualmente presidente dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee

Marina Cappabianca, Produttrice, autrice e regista di documentari, specialista in documentari marini, naturalistici e storici

Pippo Cappellano, Giornalista, regista e autore di documentari, Vice Presidente Vicario Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee

Luisa Cavallo, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Sommozzatore, già Direttore del Centro Nautico e Sommozzatori della Polizia di Stato nonché Istruttore subacqueo ricreativo OC e CCR

Natale De Angelis, Avv.to civilista del foro di Napoli Nord, Istruttore di subacquea ricreativa e tecnica

Giovanni Grillo, Avv.to penalista e consigliere della Camera Penale di Napoli Nord

Franco Introna, Professore ordinario di Medicina Legale – Direttore dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Bari, Istruttore di subacquea ricreativa

Maselli Eloisa, Specialista in Medicina Legale – Medico Interno presso la Sezione Universitaria di Medicina Legale del Policlinico di Bari – Risk Manager presso “Mater Dei Hospital” di Bari

Gianfranco Simonini, O.T.S. (Operatore Tecnico Subacqueo) delle Forze di Polizia, Specialista in accertamenti tecnici sulla scena del crimine, Socio fondatore del Ce.S.I.S. (Centro Studi Indagini Scientifiche)

Gianluca Venneri, Dottore in Giurisprudenza, analista di laboratorio, operatore chimico biologico, specialista in dattiloscopia forense e in accertamenti tecnici sulla scena del crimine, Socio fondatore del Ce.S.I.S. (Centro Studi Indagini Scientifiche)

MODERATORE

Bruno Baretto, Produttore di attrezzature per la fotografia e videoripresa subacquea, tecnico specializzato Nikonos. Docente nei corsi di fotografia subacquea presso Università di Genova nella facoltà di scienze ambientali. Istruttore di fotografia subacquea applicata ai rilievi tecnici per le Forze di Polizia

DETTAGLIO PROGRAMMA INTERVENTI

09.00: Prof. Sebastiano Tusa: Discorso di apertura del convegno.

09.30: Avv.to Natale De Angelis: Istruzione probatoria preventiva nei giudizi civili e peculiarità dell’attività subacquea.

10.00: Dr.ssa Luisa Cavallo: Standard didattici e protocolli operativi per l’attività subacquea: doveri e oneri?

10.30: Avv.to Giovanni Grillo: la figura del Consulente Tecnico del Pubblico Ministero e Consulente Tecnico di Parte vista dall’avvocato Penalista.

11.00: coffe break.

11.30: Gianfranco Simonini: L’incidente subacqueo e gli accertamenti tecnici di natura irripetibile (art. 360 c.p.p.).

L’attività di laboratorio sui reperti rinvenuti in acqua.

12.00: Prof. Franco Introna: Disastri navali e medicina legale.

12.30: Prof. Franco Introna – Dott.ssa Eloisa Maselli: Le indagini medico legali nell’incidente subacqueo.

13.00: Prof. Franco Introna – Dott.ssa Eloisa Maselli – Gianfranco Simonini: Accertamenti Tecnici Urgenti sulla scena del crimine (art. 354 c.p.p.).

Introduzione alla simulazione della scena del crimine che verrà effettuata nella piscina antistante la sala convegno.

13.30: Pausa pranzo.

14.30: Prof. Franco Introna – Dott.ssa Eloisa Maselli – Gianfranco Simonini. Nella piscina antistante la sala convegno: simulazione di una scena del crimine con rinvenimento cadavere, recupero arma da fuoco con esaltazione di impronte digitali e recupero di arma bianca con repertamento di tracce biologiche.

16.30: Dott. Gianluca Venneri: Tracce e impronte contro la forza dell’acqua. Processi dissolutivi sull’uomo e sui reperti.

17.00: Pippo Cappellano – Marina Cappabianca: Crimini contro il patrimonio: importanza e rischi dell’informazione sui relitti di valore storico. Il caso “Polluce”.

18.00: Dibattito.

Siamo certi che, se per interesse la prima edizione dell’anno scorso fu già di assoluto rilievo e originalità, in questa seconda edizione l’organizzazione avrà addirittura superato se stessa.

Così saremo doppiamente lieti di ospitare sui nostri spazi web un dettagliato resoconto del convegno in seguito al suo annunciato svolgimento, sicuri che il meeting apporterà conoscenze e consapevolezze a tutti i subacquei, anche molto al di là del naturale interesse per l’incidentistica specifica del settore.


Archeologia da sogno

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Il mare di Gela restituisce da anni lingotti di “oricalco”, il leggendario “oro di Atlantide”. Ma era davvero “quasi oro”? Anche a mistero svelato, il suo fascino resta intatto.

La Redazione.

Già avevano fatto parlare di sé per l’eccezionalità della scoperta, i 39 lingotti di “oricalco” – detto anche “oro di Atlantide”, o “quasi oro” – ritrovati nel mare davanti a Gela nel 2014 in appena 3 metri di profondità; a inizio 2017, ne sono stati rinvenuti altri 47!

Il materiale di cui sono fatti, diventato leggendario per l’accostamento al mito di Atlantide – «Il terzo muro, che circondava la cittadella, risplendeva della luce rossa dell’oricalco», si legge nei Dialoghi di Platone – e da sempre in parte misterioso, ha rivelato una composizione di rame e zinco, nelle percentuali rispettivamente del 77-80 e del 15-20, più minime quantità di nichel, piombo e ferro.

È probabile che il grande valore dato all’epoca al metallo – dodicimila anni fa a livello d’importanza veniva dopo solo l’oro vero – dipendesse si dalla bellezza del suo colore aureo giallo-rossastro ma soprattutto dalla sapienza della produzione – custodita come facoltà da alchimisti – di creare un metallo originale unendo assieme due metalli in fondo comuni grazie alla conoscenza di una tecnica di cementificazione, giacché la fusione avrebbe fatto sublimare – volatilizzandolo – lo zinco.

Oggi i lingotti sono esposti al museo archeologico regionale di Gela, insieme a due elmi corinzi quasi intatti nonché a vari altri importanti reperti estratti dal fondo del mare, che fanno parte della stessa area di ritrovamenti, a cura della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia.

Sul ponte ologrammi

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Qualche osservazione su ciò che sta accadendo nel campo della realtà aumentata, olografica, immersiva e altro. E sui più che probabili ritorni di utilità che potrebbe avere nel campo delle attività subacquee. Un futuro che è già qui?

A cura di Romano Barluzzi e Simone Modugno

Gli appassionati del mondo di Star Trek – sempre futuribile in fatto di anticipazioni tecnologiche: come dimenticare quella tavoletta tascabile interfacciata con il computer di bordo, in troppo simile a ciò che poi è stato l’iPad? – ricorderanno il calvo comandante Jean Luc Picard dilettarsi nel tempo libero a bordo della nave stellare Enterprise sul “ponte ologrammi”, una sezione dove venivano riprodotte alla perfezione scenografie in grado di far “immergere” i giocatori in qualsiasi epoca storica avessero prescelto. Uno dei tanti elementi di fascino della serie, a sua volta anticipazione di quel che sta già accadendo in molti luoghi del mondo. Secondo un processo di conversione delle tecniche di ripresa e riproduzione/proiezione ancora sotto traccia ma che potrebbe presto imboccare la via di uno sviluppo esponenziale.

Il prerequisito di fondo, l’assunto tecnologico e comunicativo su cui si basa il tutto, ha un nome e un cognome: “augmented reality”, ovvero realtà aumentata. Per esempio, si osserva e si inquadra un’opera d’arte e sul proprio cellulare appaiono, oltre all’immagine inquadrata, tutta una serie di elementi grafici e testuali che integrano ciò che stiamo osservando, sovrapponendo informazioni visive virtuali a quelle reali dell’oggetto che abbiamo davanti. Se stiamo riprendendo un rudere monumentale, il sistema “ricostruisce” in pochi istanti l’immagine di come doveva essere quando fu appena edificato e la innesta su quella del soggetto reale. Nel nostro schermo, non vedremo più soltanto ciò che stiamo davvero riprendendo, bensì un mix di realtà vera e virtuale tale da regalarci una visione d’insieme più completa di quel soggetto e fedele a com’era. Cioè quella che altrimenti avremmo solamente potuto immaginare. In un certo qual modo, aiuta la nostra immaginazione a rivivere visivamente una realtà perduta nel tempo o lontana nello spazio, fornendocene una rappresentazione molto più realistica di quanto potremmo immaginare.

Ma tutto questo è solo la lettera “A” di un A-B-C che è già sotto gli occhi dei visitatori in musei di tutto il mondo. Arte, storia e scienze naturali se ne stanno già avvantaggiando un po’ ovunque. E anche speciali istituti quali planetari, acquari, simulatori, laboratori d’indagine ecc. Per non dire della possibilità già in atto da anni di inquadrare un profilo di paesaggio di montagna e sapere all’istante in base alla geolocalizzazione – nella stessa inquadratura – dove siamo, dove si trova il centro abitato più vicino, quali servizi d’emergenza o assistenza ci sono nei paraggi, eventuali rischi ambientali che stiamo correndo ecc. Similmente accade oggi per i profili di coste, isole ecc. Oppure per quel sistema che opera un riconoscimento immediato della specie vivente che stiamo fotografando/filmando, pianta o animale che sia, per svelarcene tutte le caratteristiche e abitudini. Fino addirittura alle applicazioni mediche per la simulazione e l’assistenza in interventi chirurgici robotizzati e nell’indagine diagnostica. Dopotutto, già da tempo – come mostra questo video https://youtu.be/qp2HQktW71k del 2013 dall’Auckland Museum’s marine exhibition–Moana My Ocean… che passa in rassegna un sistema a supporti di proiezione in realtà aumentata dove si colgono vari organismi sottomarini, tra cui pure un bel nudibranco giallo – anche le possibili applicazioni subacquee di simili sistemi si sono rese ben immaginabili.

Ora, già dal fondamentale del concetto della realtà aumentata quale mix virtuoso di reale e virtuale si può supporre che il maggior gap che occorrerà colmare è quello dell’acquisizione più idonea di immagini da impiegare poi nella riproduzione. Riproduzione che potrà avvenire o proiettandole nello spazio o visualizzandole a schermo, ma necessiterà comunque di immagini girate il più possibile con tecniche dedicate al tipo di visualizzazione prescelta. Un campo, questo, in cui siamo ancora ai primordi (per quanto già tangibili, come si legge più avanti e si vede nelle clip ai link dell’articolo). Mentre è prevedibile un passaggio simile a quello che avvenne all’uscita dei primi film in 3D, la cui qualità del tridimensionale lasciò alquanto a desiderare poiché basato ancora su riprese realizzate in maniera tradizionale; finché la situazione fece il balzo di qualità tanto atteso solo appena prevalsero le riprese acquisite già all’origine con videocamere 3D (il primo caso del genere al cinema fu il film-evento “Avatar”, non per nulla un successo planetario).

Ma quali sono dunque i più promettenti indirizzi cui le tecnologie sembrano orientarsi per ottenere quelle riproduzioni/visualizzazioni in grado di far percepire meglio allo spettatore quel senso di realtà “immersiva” tanto desiderata? Cioè farlo sentire al centro della scena, circondato da quel che sta accadendo nella rappresentazione in cui è – appunto – immerso? Come se letteralmente potesse toccarne i particolari, viverne il divenire, perfino interagire con i personaggi? Insomma, farlo diventare per un po’ un novello “comandante Picard” nel ponte ologrammi dell’Enterprise? Ci sono almeno due strade.

La prima: la proiezione olografica, appunto, cioè la riproduzione delle scene di realtà aumentata tramite creazione di ologrammi. Che sono una sorta di “mixed reality”, ossia un misto di realtà virtuale e realtà aumentata, in quanto integrati nel nostro mondo, cioè esistono e agiscono nella nostra dimensione. I minivideo che seguono a questi due link ve ne daranno un’idea più di mille parole (abbiamo selezionato non a caso esempi marini, ma di ambiti diversi ce ne sarebbero ancora di più). Nel primo https://www.youtube.com/watch?v=LM0T6hLH15k all’improvviso, una balena fa il suo salto fuori dall’acqua e vi si rituffa tra colonne di spruzzi, il tutto all’interno di una palestra, per la gioia dei ragazzi che assistono alla scena dalle tribune, incantati dal pavimento dell’impianto sportivo che si trasforma per qualche istante nella superficie dell’oceano. Nel secondo: https://youtu.be/fv71Pe9kTU0 i giovani spettatori di un acquario cercano di interagire con orche marine e altri animali che emergono tutto attorno a loro…dove in realtà non c’è nessun altro essere vivente, tranne gli stessi ragazzini. Il primo video si può reperire in più parti sul web, accompagnato in un caso con questa didascalia esplicativa: “Proiezione olografica 3D di una balena. È un processo fotografico che produce immagini usando le differenze tra 2 laser. Queste immagini sono proiettate in una palestra di una scuola usando una speciale videocamera. Non c’è acqua nel locale e tanto meno una balena”. Sebbene non si riesca a esser certi della veridicità di una simile spiegazione – è quantomeno presumibile che i laser in gioco debbano essere molti più di due e che la speciale videocamera citata per la riproduzione debba parimenti essere multipla, configurando l’eventualità di un sistema di proiettori molto più complesso e ingombrante – resta estremamente suggestivo come esempio dell’obiettivo che ci si prefigge di raggiungere.

La seconda: è la ripresa e proiezione/riproduzione in 360°, mediante speciali visori che, grazie alla particolare vicinanza all’occhio, per quanto miniaturizzati fino alle dimensioni di semplici lenti da occhiale, possono restituire un’immagine “a tutto campo”, anche rivolgendosi in qualunque direzione intorno, addirittura all’indietro, proprio come se ci si trovasse fisicamente del tutto immersi nel contesto che viene rappresentato. Sentiamo meglio di cosa si tratta consultando un esperto, il dr. Simone Modugno, biologo e istruttore subacqueo, iscritto al master di “Tecnico esperto nella produzione di Interactive Cinema per la realtà virtuale e nel video 360”.

«Al giorno d’oggi, il video 360 sta proponendo una rivoluzione concettuale e tecnica nei prodotti massmediatici e non solo, forse paragonabile a quanto fece il CD sulla musicassetta! Non è recente l’introduzione del 360, ma è ancora da svilupparsi realmente la gestione del 360, soprattutto dal punto di vista del “linguaggio”. Qual è il Punto di Vista nel video 360? È lo spettatore stesso… per cui tutto cambia e tutto cambierà… i contenuti, i set, gli scenari e il montaggio va pensato in modo completamente diverso rispetto al normale video a cui siamo abituati, perché non sarà più il regista a portare lo spettatore a vedere ciò che ha deciso sullo storyboard, ma sarà lo stesso spettatore, o meglio lo spettatore dovrà avere l’impressione di poter decidere 😛

In questi anni, per non dire mesi, parallelamente all’ormai consueto velocissimo sviluppo tecnologico degli strumenti da ripresa (si è passato dal Rig GoPro alle recenti machine 8k della Kandao), si sta facendo strada anche il dubbio su “dove e come utilizzare realmente il video 360”, perché non si limiti a switchare con il ditino sul cellulare per vedere un video che assomiglia alle foto panoramiche! Non a caso stanno esplodendo i visori Oculus con o senza fili… verso una sempre maggiore autonomia e realismo nella qualità dell’immagine.

Proprio per questo motivo mi sono rimesso sui “banchi di scuola”, superando il test di ammissione per un Corso di Alta Formazione organizzato dal CFI (Consorzio Ferrara Innovazione) “Tecnico esperto nella produzione di Interactive Cinema per la realtà virtuale” e nel video 360, approvato con Delibera di Giunta Regionale n. 1081 del 24/07/2017 e cofinanziato con risorse del Fondo sociale europeo e della Regione Emilia-Romagna.

L’idea, che credo la migliore in assoluto, per come e dove impiegare la potenzialità del video 360 stereoscopico, è quella di sfruttarlo per tutto quello che riguarda la divulgazione ambientale e la presentazione degli ambienti emersi e sommersi che abbiamo sul nostro pianeta. Se il 3D (attualmente), vedi l’ultima fatica dell’erede Cousteau, è spettacolare, allora il 360 vero sarà stupefacente e vero! I motivi sono molteplici: con il video 360 stereoscopico si mostra la realtà, in stato immersivo, per cui trattando ad esempio di mare e ambiente diventa impagabile l’esperienza che si vive utilizzando i visori Oculus (o similari) per godere appieno l’esperienza! In poche parole TUTTI potrebbero visitare, in sicurezza, il fondo della Fossa delle Marianne, con la stessa facilità con cui potrebbero nuotare in una piscina da bambini!
La grande differenza dal primo 360 sta nel fatto che oggi sarà possibile mostrare contenuti virtuali ma REALI, ossia ripresi e fotografati veramente e non ricostruiti e resi fruibili a mo’ di videogame!
Già questo, ad esempio, io stesso con UBICA srl e H7-25 Srls, lo facciamo da un po’, per quanto riguarda la virtualizzazione dei relitti e delle aree marine protette! Vi rimando al sito www.ubicasrl.com per vedere qualcosa! Un’ultima opera su cui stiamo lavorando è la virtualizzazione 3D dei magici mulini del lago di Capodacqua (per cui ringrazio molto il caro amico Flavio Vitiello di Stonex Spa), per cui uscirà anche un mio libro fotografico, credo a dicembre 2018.
Tornando a noi, con il Master mi specializzerò in tecniche di montaggio e post produzione che consentano di fondere il video 360 stereoscopico con il VR e la Realtà Aumentata… Capite, quindi, quale potrebbe essere il risultato finale? Chiunque, da casa oppure al cinema, oppure ancora in Musei Diffusi e Virtuali disposti strategicamente sul territorio, potrà nel prossimo futuro vivere viaggi emozionanti in ambienti naturali che purtroppo stiamo distruggendo, o che più semplicemente non potrebbe mai vedere per motivazioni anche diverse. Questa cosa potrà avere certamente due grandi effetti principali: 1) massima diffusione e sensibilizzazione ad esempio su tematiche ambientali ed ecologiche e 2) realizzazione di una banca dati di habitat e ambienti che potrebbero perdersi durante questo XXI secolo a causa di inquinamento, climatic change e quant’altro!

Recentemente, con l’appoggio di diverse aziende e società italiane (H7-25 Srls, Com’On Dive!, Ubica Srl e Stonex Spa) ed enti di ricerca con ISPRA Livorno, ho presentato progetti su bandi di finanziamento sia pubblici che privati, per la realizzazione di Musei Virtuali del Mare: dovessero passare, a Livorno, presso l’area del “Miglio Magico” ossia la Costiera di Calafuria, a breve si potrà visitare il fondo del mare e il Corallium rubrum di Antignano all’interno della Torre Medicea oppure in altra location storica…sfruttando proprio la realtà immersiva, VR e 360 stereoscopica!

Insomma, l’attuale vede la compresenza di strumenti in fase embrionale e di evoluzione, tra Virtual Realty, video 360 monoscopico, video 360 stereoscopico, Realtà Aumentata, Olografia, ricostruzione 3D, computer grafica… ma alla fine possiamo dire che tecnicamente tutto sta evolvendo molto velocemente, proprio come il passaggio dal FHD (full HD) all’8k, ma l’idea e il linguaggio di come utilizzare questi strumenti non sta al pari di tale velocità, e questo sfasamento potrebbe essere la conditio sine qua non, tutto vada a finire in un calderone mediatico senza senso… Ma se invece si riuscisse a trovare la quadra reale tra utilizzo di queste tecnologie e senso di utilizzo, allora avremmo di fatto creato strumenti spettacolari che potrebbero addirittura sostituire il “libro” e il “video” così come oggi conosciuti, perché in grado di far REALMENTE VIVERE esperienze passate, presenti e future, ma soprattutto far INTERAGIRE con tali esperienze mediatiche!»

PLASTIC DIVE

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Da martedì 5 giugno, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente 2018, Y-40® The Deep Joy, la piscina più profonda del mondo, invita tutti a prendere parte a un’immersione davvero particolare: sotto la plastica!

La Redazione. Foto Y-40® The Deep Joy e Nico Cardin.

Riesci a immaginare come si senta una tartaruga marina quando scambia una busta di plastica fluttuante per una succulenta medusa e per sbaglio se la ingoia? Forse questo è un po’ difficile e certamente sconsigliabile da simulare? Ok. Ma se ti accontenti di scoprire cosa provi un delfino a sfiorare la superficie del mare piena di pezzi di plastica o che effetto faccia trovarsi sott’acqua e accorgersi che il sole s’è spento perché quello strato di detriti galleggianti blocca il passaggio della luce, allora domani puoi recarti a Y-40® The Deep Joy, la piscina più profonda del mondo (com’è noto, ad Abano-Montegrotto Terme) giunta al suo 4° compleanno, e partecipare al Plastic Dive: l’immersione tra le plastiche!

Presso l’impianto entrato nel Guinness dei Primati per i suoi 42 metri di profondità è stata creata infatti un’installazione dimostrativa temporanea ricoprendo la superficie della piscina di bottiglie e di altri oggetti di plastica: un’idea provocatoria per simulare lo status dei mari del mondo di oggi.

Da martedì 5 giugno inizierà quindi una settimana di visite, nuotate e immersioni, che aiuterà a rendersi conto di come siano costrette a sopravvivere alcune forme di vita del mare e sottomarine. Bambini, ragazzi, famiglie, scuole e club, potranno sentire sulla propria pelle il tocco leggero delle bottiglie in galleggiamento, vedere l’oscuramento della luce data dalla coltre di plastica in superficie. Immergendosi, potranno entrare in una foresta di tubi, tra meduse e alghe composte da polimeri plastici.

L’intenzione è quella di avvicinare – tramite un’esperienza sensoriale – quanta più gente possibile al problema dell’inquinamento da materie plastiche, solo apparentemente lontano dal nostro quotidiano (basti pensare al dramma delle microplastiche che, com’è stato osservato e dimostrato già da anni, attraverso lo zooplancton entrano a far parte della catena alimentare e finiscono per tornare sulla nostra tavola con il pesce di cui ci nutriamo…).

L’esposizione sarà visibile a tutti dal tunnel subacqueo trasparente che attraversa la piscina a – 5 metri di profondità e l’ingresso è libero.​

Famosi personaggi e campioni legati al mondo acquatico e subacqueo, in primis Umberto Pelizzari, nonché – come si vede dalle foto – Rossano Galtarossa, Antonio Mogavero e Sahica Ercümen, hanno già fatto da apripista anticipati come testimonial per un tuffo nella curiosa e inquietante situazione ricreata presso Y-40.

Tra le molte iniziative collaterali che testimoniano il livello di sensibilizzazione raggiunto sull’argomento, segnaliamo sempre a Abano-Montegrotto Terme, giovedì 7 giugno, anche la Conferenza su “La scienza della plastica”, con l’intervento di Paola Del Negro, 1° ricercatore OGS Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste; e su “Storia delle isole di plastica”, con intervento di Roberto Bolelli, presidente di Trieste Sommersa Diving e patron della manifestazione ormai alle porte “Mare Nordest”.

Rispetto anzi a quest’ultimo evento di MareNordest, di cui pubblichiamo nelle prossime ore in altro apposito articolo tutto il programma in dettaglio, l’iniziativa della Y-40 rappresenta di fatto un ideale passaggio del testimone circa l’argomento della dispersione delle plastiche in mare.

Non a caso, domenica 10 giugno Y-40® Training club restituirà il favore della visita partecipando a sua volta all’iniziativa di pulizia del fondale del Porto di Trieste denominata 4^ Operazione Clean Water e organizzata proprio da Mare Nordest.

Salpa MareNordEst 2018

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Pochi giorni ancora all’immersione nella manifestazione triestina di mare più celebre dopo la Barcolana. Con al centro delle attenzioni di questa 7^ edizione ciò che si trova sopra e sotto il mare. Tra ricerca, ambiente, divulgazione e sviluppo sostenibile. Qui tutto il programma.

La Redazione

Con una conferenza stampa anticipatoria indetta insieme ai partner per il giorno 6 giugno, ecco che venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 giugno si svolgerà a Trieste la settima edizione del maggior evento congressuale e divulgativo su tematiche marine di tutto il NordEst, secondo come notorietà solo alla celeberrima Barcolana. Che tuttavia è risaputo essere improntata sulla nautica, mentre MNE – MareNordEst si occupa anche – e forse soprattutto – di subacquea. Insomma è un’estensione comprensiva dei tanti valori che possono oggi derivare da una concezione sostenibile dello sviluppo e dell’antropizzazione delle coste e dei fondali marini. La comunicazione, la divulgazione scientifica, l’intrattenimento educativo, la ricerca di applicazioni tecnologiche, la documentazione video-fotografica, l’esplorazione naturalistica sono pertanto sempre più al centro della scena.
Segnaliamo dunque – con i dovuti mini-approfondimenti – i punti cruciali del programma, elencandoli in ordine di apparizione.
E cominciamo senz’altro con la presentazione anticipatoria dell’intero evento in conferenza stampa di mercoledì 6 giugno, presso il Comune di Trieste, insieme ai vari partner e alla stessa Y-40, la piscina situata nel padovano, ad Abano-Montegrotto Terme, nota per essere “la più profonda al mondo” (– 42 metri!). Ebbene, nei giorni scorsi la superficie liquida dell’impianto è stata fatta “invadere” – ovviamente con tutte le dovute cautele e l’igiene del caso – da una massa di oggetti di plastica, per la maggior parte bottiglie e bottigliette, che, galleggiando con uno strato che rendeva l’acqua non più visibile dall’esterno, hanno simulato in maniera piuttosto verace ciò che sta accadendo in più punti degli oceani – e purtroppo perfino in Mediterraneo – a proposito delle cosiddette “isole di plastica”. Ma passiamo senz’altro al vivo del programma della manifestazione vera e propria.

PROGRAMMA COMPLETO DI MARE NORDEST 2018

Per prima cosa diciamo che tutti gli eventi e i momenti d’incontro che seguono nel venerdì 8 e sabato 9 giugno si svolgeranno nella suggestiva location della sala multimediale della Stazione Idrodinamica, in Porto Vecchio, a Trieste. Mentre quelli di domenica 10, trattandosi di dimostrazioni all’aperto, si terranno nei fondali antistanti Piazza Unità d’Italia – Scala Reale e su Molo Audace.

Venerdì 8 giugno 2018

Ore 10:30 – Apertura della manifestazione e saluti delle Autorità

Ore 10:45 – “Le macroplastiche… un viaggio nelle isole di plastica” a cura di Trieste Sommersa Diving, ricordando che «proprio attraverso MareNordEst da queste parti si è stati tra i primi a lanciare già nelle scorse edizioni l’allarme sulla rilevante problematica», ci dicono gli stessi organizzatori. A questo momento della manifestazione è abbinata anche la proiezione del filmato “Le Meraviglie del mare” di Jean-Michel Cousteau e Jean-Jacques Mantello, uscito al cinema recentissimamente e reso già noto per le spettacolari e istruttive tecniche di ripresa in 3D avanzato utilizzate dalla produzione del film, un’opera di divulgazione ambientale e naturalistica – come preannunciato – “senza precedenti”. Particolare richiamo e risalto è stato conferito a questa parte del programma presso le scuole, registrando la preadesione di diversi istituti scolastici.

Ore 11:15 – “Le scovazze in fondo al mar… alla scoperta degli ambienti marini profondi dove la
spazzatura è arrivata prima di noi”, a cura della dott.ssa Silvia Ceramicola

Ore 12:00 – Coffee Break

Ore 12:15 – “Il plancton di plastica”, a cura della dott.ssa Paola Del Negro, segnatamente dedicata al “problema nel problema”, cioè quello relativo alle microplastiche e alla loro interferenza nei cicli biologici mediante concentrazione nella microfauna.

Quello dell’invasione dei mari e degli oceani da parte delle plastiche è evidentemente il tema conduttore principale della giornata. E, mentre nel Vecchio Continente ormai non si contano più le iniziative di mobilitazione contro il consumo di plastica e iniziano a nascere anche azioni tendenti a mettere al bando perfino la stessa produzione di materie plastiche, nei soli USA ogni giorno si usano 500milioni di cannucce. Tra i 5 e i 65 anni d’età un americano consuma in media 38mila cannucce di plastica. Tornando a livello mondiale, 8 milioni di tonnellate di plastica entrano in mare ogni anno. Nel nostro pianeta, sempre ogni anno, si usano 500 miliardi di buste di plastica. E questa massa corrisponde solo al 10% del totale di rifiuti plastici scaricati ogni anno sulla terra ferma. Dopotutto, la plastica è ancora saldamente il terzo materiale più diffuso al mondo. «Ogni giorno un volume di plastica pari all’intera Y-40® viene versato in mare 5 volte, ovvero 1.860 volte all’anno – come ci dicono da Y-40®, vedi anche nostro articolo precedente sull’iniziativa “PlasticDive” – e per coprire la superficie d’acqua di Y-40® ci vogliono circa 37.800 bottigliette di plastica, di quelle da mezzo litro.»

Sabato 9 giugno 2018

Giornata piena, dedicata al mattino allo stage per giornalisti (con crediti formativi per gli appartenenti alla categoria) e aperto al pubblico. In più, nel pomeriggio, la presentazione di un libro di mare e la premiazione del concorso fotografico internazionale. Ecco i dettagli.

Ore 10:30 (e fino alle 12:30) – Stage Giornalisti sul tema “Come migliorare il modo di comunicare il mare”, con due relazioni: la prima, a cura del C.F. e Capo Ufficio Relazioni Esterne della Direzione marittima, Giulio Giraud dal titolo: “La comunicazione istituzionale sul mare”. La seconda, a cura di Leonardo D’Imporzano, giornalista scientifico e subacqueo, social media manager, dal titolo: “La comunicazione delle attività subacquee attraverso i social media”.
Lo stage – comunque aperto a tutti dato l’elevato interesse pubblico dei temi trattati – ha anche ricevuto dall’Ordine dei Giornalisti il riconoscimento di stage formativo per la categoria, per cui ai giornalisti intervenuti verranno conferiti 2 (due) crediti valevoli per la formazione e l’aggiornamento permanenti della professione. I giornalisti possono iscriversi presso la piattaforma informatica di categoria SIGEF.
Basta un solo dato come esempio significativo dell’interesse pubblico di un’iniziativa del genere: allo stato attuale, l’80% degli accessi alla Rete avviene non più tramite i siti bensì mediante i social media, Facebook innanzitutto: una più corretta informazione sulle cose di mare non può non tenerne conto, a tutti i livelli.

Ore 16:00 – Presentazione del libro “PALOMBiRO-pagine dal fondo” di Leonardo D’Imporzano: destinata a tutti i subacquei e agli amanti del mare in genere, è in fondo essa stessa un’iniziativa affine alla tematica della miglior comunicazione e divulgazione su argomenti legati al mare. Il libro infatti, edito da Magenes, è la trasposizione scritta e illustrata con eccezionali foto della testimonianza dell’autore circa la sua esperienza di primo giornalista civile ammesso a frequentare il corso palombari del leggendario ComSubIn-Comando Subacquei Incursori della MMI-Marina Militare Italiana. Non è un caso che l’autore sia stato recentemente insignito del Tridente d’Oro dall’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee, la più alta onorificenza del settore, proprio a motivo della sua speciale e continua attività nella moderna divulgazione del mare.

Ore 18:00 – Premiazioni del Trofeo internazionale di fotografia subacquea “Città di Trieste” – Memorial Moreno Genzo organizzato da Trieste Sommersa Diving in collaborazione con il fotografo Emanuele Vitale.
Anche quest’anno pertanto grande rilevanza internazionale è riservata all’annuale Trofeo Internazionale di Fotografia Subacquea “Città di Trieste”- Memorial Moreno Genzo, ospitato all’interno della rassegna MNE, che richiama fotografi da tutto il mondo e contribuisce così a diffondere la cultura del mare e a far conoscere Trieste e tutte le sue realtà (scientifiche, culturali ed economiche) a livello planetario.
Giunto alla sua quarta edizione è già stato definito dai fotografi subacquei, nazionali ed esteri, “uno dei più autorevoli su scala mondiale”.
Nella gallery di questo nostro articolo, tra le immagini dedicate a questa edizione di MareNordEst, potete già gustarvi tutte le foto classificatesi a premio… ma vederle dal vivo, proiettate ingrandite e alla presenza dei loro stessi autori è una situazione che vi consigliamo di non perdervi per nulla al mondo!

Domenica 10 giugno 2018

È la giornata dedicata ai momenti all’aria aperta, dimostrazioni tutte spettacolari e interessantissime, che non mancheranno di entusiasmare come e più di sempre anche moltitudini di comuni passanti domenicali e turisti.

Ore 9:30 – Pulizia dei fondali antistanti Piazza Unità d’Italia – Scala Reale, su Molo Audace, con la partecipazione – oltre ai vari gruppi subacquei locali – anche di una compagine di apneisti di Y-40® Training club nell’ambito di questa sorta di gemellaggio per condivisione d’intenti che sul tema della salvaguardia dell’ambiente marino ha visto unirsi quest’anno le immagini di entrambe le strutture organizzative.

Ore 12:30 – Dimostrazioni in mare a cura delle unità cinofile della Scuola Italiana Cani Salvataggio

Ore 14:00 – Premiazione dell’operazione di pulizia “Clean Water

Ore 18:00 – Chiusura della manifestazione e Saluti finali

Kurt Schaefer, un pioniere ai tempi di Hass

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Ha progettato la prima cinepresa anfibia mai realizzata e ha anticipato la macchina fotografica anfibia Calypso Phot di almeno dieci anni. Grande pioniere della fotografia subacquea, inventore e costruttore di attrezzature, è sua la custodia UW-Leica, resa famosa dallo smagliante sorriso di Lotte Hass.

di Rossella Paternò, Historical Diving Society Italia

Poter conoscere un pioniere del passato, classe 1922, è già una grande fortuna: incontrarlo a casa sua, tra cimeli e ricordi, e ascoltare i suoi racconti un privilegio.
Kurt Schaefer, un nome in Italia a tutti sconosciuto. Lo sarebbe stato anche per me se i colleghi dell’Historical Diving Society Germania non me ne avessero parlato: un giovanotto austriaco di novantacinque anni, un vero outsider, pioniere nella progettazione e costruzione di custodie subacquee, cineprese e macchine fotografiche anfibie, archeologo subacqueo, architetto con un dottorato di ricerca sulle imbarcazioni storiche che hanno navigato lungo il Danubio, illustratore, modellista, curatore e consulente di musei.
La subacquea in effetti è stata solo una parentesi nella sua vita. La sua fama e notorietà l’ha raggiunta in altri campi, eppure oggi “tutti” (gli appassionati di storia) lo cercano e tutti vogliono ascoltare le sue storie. Una lucidità e una precisione nel ricordare ogni minimo dettaglio delle sue avventure e delle sue invenzioni che mi hanno colpita quando sono andata a trovarlo a Pressbaum, pochi chilometri fuori Vienna. Nei suoi occhi brilla ancora entusiasmo e vivacità. E l’orgoglio che a 70 anni di distanza gli vengano riconosciuti i suoi meriti.
Quando pensiamo alla bellissima Lotte Hass la rivediamo in tutto il suo splendore con la Leica al collo durante la spedizione in Mar Rosso del 1950. Ebbene, proprio quella è una delle invenzioni di Kurt Schaefer. Così come la custodia per la cinepresa Siemens 16 mm che Hass utilizzò durante il suo primo viaggio esplorativo in Sudan e che fa bella mostra di se nella foto dove presenta le sue attrezzature nel libro “Manta, Diavolo del Mar Rosso”.
Ma cominciamo dall’inizio: nei primi anni quaranta Kurt Schaefer è un giovane con la passione per il mare e per la fotografia. Passioni che gli sono state trasmesse dal padre. C’è un altro viennese con la passione per il mare e per la fotografia che nello stesso periodo diventa famoso: si chiama Hans Hass.
Schaefer, arruolato come soldato durante la seconda guerra mondiale nelle file dell’esercito tedesco, dal 1942 è di stanza in Italia all’aeroporto di Grosseto come radiotelegrafista. A Natale di quell’anno riceve in regalo dal padre Tra squali e Coralli, il libro di Hans Hass che racconta della sua prima spedizione a Bonaire e ne resta folgorato: quella è la strada che anche lui vuole percorrere e proprio in Toscana muove i suoi primi passi verso la fotografia subacquea mettendo a frutto le sue doti di bricoleur. Recupera dai cassoni “dei rifiuti” tutto l’alluminio scartato dall’officina per la riparazione degli aerei e di notte, durante il servizio di guardia, lo fonde in barre nella stufa della sala radio e con queste costruirà la sua prima custodia per la cinepresa KODAK 8 mm che il padre a malincuore gli aveva prestato. I test di tenuta stagna vengono condotti in modo scientifico … nella vasca da bagno di casa.
Purtroppo un bombardamento manda in fumo cinepresa e custodia, ma non i suoi sogni. Dei maccanismi interni qualcosa si è salvato. Perché non ricostruirla? Anzi, perché non ricostruirla direttamente in un guscio impermeabile? Detto fatto e sui moduli di trascrizione delle comunicazioni radiotelegrafiche (perfetti con la loro carta millimetrata) viene abbozzato il primo progetto di una cinepresa anfibia, la M8/1, dove “M” sta per Marina di Grosseto (dove si svolgevano le prove in mare), “8” per il formato della pellicola 8 mm e “1” per la versione. Questo sarà il criterio adottato per nominare anche tutte le creazioni successive (M16, M35, MK, dove la K sta per “pellicola piccolo formato” e si riferisce alle macchine fotografiche, M6x6).

“Una cinepresa che non deve essere avvitata in una scomoda custodia e che può essere utilizzata sia sopra sia sotto l’acqua senza modificare nulla. Il grande vantaggio consiste nel fatto che le dimensioni e il peso della macchina restano contenuti. Inoltre in quattro e quattr’otto può essere aperta per montare una nuova pellicola.” Scriveva in una lettera al padre nel maggio del 1943, sperando che con queste parole si potesse consolare più facilmente della sua perdita. Le stesse parole che furono poi usate anche nel 1979 dalla Eumig che presentò in anteprima mondiale una cinepresa anfibia basata sul sistema Schaefer, spacciandolo però come propria invenzione.
Siamo nel ben mezzo della guerra. Soldi al tempo non ce ne sono e il progetto rimane sulla carta fino al 1946. L’invenzione di Schaefer del 1943 deve essere considerata a tutti gli effetti la prima cinepresa subacquea anfibia.
Ma per andare sott’acqua servono anche una maschera e un paio di pinne. E il giovane austriaco, che nonostante tutto cerca di sopravvivere alla guerra tuffandosi nei propri sogni progettando attrezzature subacquee, nel 1944 scrive sul suo diario: Grosseto – …Finalmente ci siamo: sono riuscito a procurarmi da un commerciante italiano un pezzo di rivestimento per il pavimento. Una lastra nera di un metro quadrato, spessa 6 mm. Secondo le indicazioni del venditore si tratta di gomma di ottima qualità, anche se all’apparenza sembra più segatura mescolata con catrame e compressa, dura come la suola di una scarpa e poco elastica. Io sono contento lo stesso: ho per le mani almeno del materiale per fare i miei tentativi.
E visto che sognare e inventare non costa nulla, perché non progettare anche una pistola scaccia-squali (Haifishrevolver) che funziona ad aria compressa o con cartucce a salve (1943). La teoria di Hass fondata sul principio che bastava urlare per allontanare gli squali non lo convinceva molto.
Mentre è in Italia Schaefer prende contatto con Hass che riconosce il suo talento e dimostra subito un grande interesse per le sue idee, ma i due giovani non riusciranno ad incontrarsi fino alla fine della guerra. Iniziano però a collaborare a distanza. Sta per uscire il film Uomini e squali e Hass gli chiede di disegnare le illustrazioni per i titoli di testa. I disegni, dopo settimane di lavoro, sono pronti, ma la posta da campo non è sicuramente un canale affidabile a cui consegnare un bene così prezioso. E se andasse smarrito? Come farne una copia, nel pieno della guerra e sperduti nella campagna toscana? Un giorno arriva un civile alla base tedesca con una bicicletta su cui è legata una strana cassa di legno. L’uomo monta un grande cavalletto proprio al centro del piazzale, ci posa sopra la cassa e invita i militari ad avvicinarsi e farsi fotografare “per la bella ragazza”. In effetti non era una cattiva idea inviare una foto con la posta da campo a casa, oltre alla solita lettera. E mentre i primi commilitoni si mettono in posa per farsi immortalare a Schaefer viene un’idea. Quel “fotografo itinerante” glielo aveva mandato il cielo? Visto che una fidanzata a cui mandare le foto non la aveva, perché non far fotografare i suoi disegni? Detto fatto, anche se il procedimento per raggiungere l’obiettivo è molto laborioso. Prima uno scatto ai fogli appesi a un muro. Poi la strana cassa con pochi e semplici gesti si trasforma in camera oscura. Ed ecco pronto il negativo: si ma come trasformarlo in un positivo? “Prego aspettare”. Il negativo viene di nuovo appeso al muro, fotografato e sviluppata la seconda pellicola. Ad ogni buon conto la busta inviata con la posta da campo arrivò a destinazione e le fotografie servirono solo da ricordo.

Quando i due finalmente si incontreranno Hass gli chiederà di progettargli alcune custodie: alle anfibie non è interessato. Non crede nelle loro potenzialità. Stringono una sorta di patto… Schaefer rinuncia ad un compenso per il suo lavoro, in cambio sarà uno dei membri della spedizione che partirà da lì a poco per il Mar Rosso.
Così Schaefer costruisce per lui una custodia per la Bell and Howell 35mm, una per la Siemens 16mm (una versione in alluminio e una in ottone, consegnata la mattina stessa della partenza) e la famosissima “UW-Leica”, per la Leica II. Tutte e tre per la prima spedizione del ‘49 in Mar Rosso, quella in cui Hass partì da solo, raccontata nel suo libro Manta. Diavolo del Mar Rosso (1952). La Bell & Howell troppo ingombrante e poco maneggevole venne lasciata a casa. La Siemens e la Leica compaiono nel libro citato nella foto che ritrae la sua attrezzatura. La custodia per la Leica II fu usata anche per la seconda spedizione durante la quale fu girato il film Negli abissi del Mar Rosso (1951). Fa bella mostra al collo di Lotte in molte scene e foto. Le custodie furono realizzate, ma Schaefer non prese mai parte a una spedizione. La loro collaborazione s’interruppe bruscamente.
E quando i rapporti tra due uomini si incrinano spesso c’è di mezzo una donna. Lotte, ai tempi ancora l’ambiziosa segretaria di Hass, voleva sorprendere ed essere all’altezza del suo capo. Chi le poteva insegnare a migliorarsi nel nuoto e nell’apnea? Schaefer. Chi poteva procurarle gli “strumenti” del mestiere, ovvero pinne e maschera? Schaefer. Chi poteva insegnarle a fotografare? Schaefer. Chi poteva insegnarle poi a sviluppare e fare ingrandimenti (nello studio del capo mentre lui era assente per qualche conferenza)? Schaefer. Quando Hass si accorge del legame sempre più stretto tra Kurt e Lotte va su tutte le furie e un nome viene depennato dall’elenco dei partecipanti alla spedizione, quello di Schaefer.
Terminata la guerra, rilasciato dopo tre mesi di prigionia, Schaefer viene assunto presso l’ex cantiere navale Abeking & Rasmussen a Gmunden sul Traunsee. Nel 1946 inizia gli studi di architettura presso la Technischen Hochschule, il Politecnico di Vienna, che completa con successo nel 1954. Il lungo periodo impiegato per conseguire la laurea è giustificato dalle innumerevoli attività collaterali portate avanti negli stessi anni, come, solo per citarne alcune, lo sviluppo congegni innovativi nel campo della fotografia e cinematografia subacquea, per se stesso e per Hass, e la conduzione di ricerche archeologiche su palafitte neolitiche ritrovate nei laghi austriaci alpini Attersee, Mondsee, Keutschachersee, documentate nel film Spuren der Vorzeit (Tracce del passato) del 1951. “Archeologi con le pinne” titolano i giorni del tempo.

Durante gli studi può finalmente iniziare a costruire la sua cinepresa anfibia “M8/1”. Dalle prime prove in acqua emerge però che alcuni “difetti” costruttivi del primo modello devono essere superati. Così nel 1947 nasce la “M8/2”, il progenitore di tutte le versioni anfibie successive da lui create.
Anche le attrezzature per le immersioni sono per lo più autocostruite: maschere, pinne e (forse) il primo monopinna mai realizzato, la cui particolarità era di possedere una parte centrale che poteva essere rimossa, mettendo a disposizione del subacqueo anche delle normali pinne, secondo necessità.
Una volta realizzata la custodia per la Leica, Hass gli chiede di provare a progettare anche un flash subacqueo. Schaefer trova l’idea stimolante e si mette subito al lavoro iniziando da una vecchia Kodak-Retina I, che era facilmente sincronizzabile con le lampade flash Philips. Le lampadine e la parabola erano chiuse all’interno di una custodia impermeabile, dotata di batterie alloggiate nell’impugnatura. Un sistema però che non era affatto pratico da utilizzare perché per sostituire le lampade bisognava tornare ogni volta alla barca o a terra.
Il padre di Schaefer gli suggerisce di girare lui stesso un film subacqueo sulle palafitte preistoriche ritrovate nel Mondsee e nell’Attersee. Nascono così i suoi primi documentari sui laghi austriaci che vengono proiettati al Teatro Urania di Vienna e che riscuotono molto successo richiamando un foltissimo pubblico.
Occorre a questo punto anche una cinepresa più professionale, una 16mm. Ovviamente sempre anfibia! Tra il 1949 e il 1950 Schaefer costruisce così la M16/1, seguita dalla M16/2 e M16/3.
Tra il ’50 e il ‘51 realizza anche la prima macchina fotografica anfibia, la MK/1 (Marina di Grosseto/Kleinbild/versione 1) brevettata nel 1954, anticipando di almeno di dieci anni la Calypso Phot, distribuita dalla La Spirotechnique a partire da fine 1960. Le impostazioni di diaframma e distanza sono sul retro della custodia, e non sulla parte frontale come nelle altre custodie. Un’intuizione che oggi sembra scontata.
Nel 1952 partecipa come cameraman alla spedizione organizzata dall’Università di Vienna guidata dal biologo marino austriaco Rupert Riedl, la Österreichische Tyrrhenia-Expedition (Spedizione Tirrenica Austriaca).
Il film a colori Lichter unter Wasser (Luci sott’acqua), realizzato completamente in apnea durante la spedizione nel tratto di mare tra Sorrento e Capri, è stato prodotto con il processo colore Kodakchrome ed è il primo film subacqueo a colori girato in grotte sottomarine.

Per illuminare le grotte Schaefer sviluppa dei fari speciali. Il mostruoso impianto d’illuminazione, disegnato anche sulla locandina del film, è composto da un gruppo alimentato a benzina, un cavo a 12 conduttori lungo un centinaio di metri e una batteria di sei lampade che insieme fornivano una potenza di 3.000 Watt. I sei fari sono la chiave di successo delle riprese del film.
Tra i vari aneddoti che mi ha raccontato Schaefer mi ha anche spiegato come è passato dal flash protetto da una custodia a quello a parabola aperta.
I giovani partecipanti alla spedizione Tirrenia, che volevano scattare alcune immagini nella Grotta Azzurra di Capri, erano venuti a sapere che il guardiano della grotta che esigeva il prezzo del biglietto da ogni visitatore era solito andare a messa la domenica mattina presto. Così, arrivati con l’ultimo traghetto della sera, gli studiosi si accampano con la loro tenda in mezzo a un giardino di ulivi e la mattina all’alba, armati di macchine fotografiche e flash, approfittando della devozione dell’uomo, si intrufolano per rubare qualche scatto. Ma il guardiano, rientrato prima del previsto e, memore del sermone appena pronunciato in chiesa, si appella a tutti i santi e alla Madonna inveendo contro di loro e urlando “Biglietti! Biglietti!” (ma non solo). Niente, devono pagare il biglietto o uscire immediatamente. Si, ma con che soldi? Alla fine rimane dentro solo uno del gruppo e Schaefer resta seduto su uno scoglio a cambiare le lampade del flash man mano che serve. E mentre Kurt aspetta inizia ad osservare la sua attrezzatura: è proprio scomodo quel sistema di flash con il vetro a protezione delle lampade … Ma se le lampadine funzionassero anche a contatto con l’acqua? E ha funzionato! Sistema-Capri si chiamerà il nuovo flash a contatti bagnati, dal luogo in cui è stata partorita l’idea.
Quando ho osato chiedergli se fosse stato il primo a inventare un sistema del genere, mi ha risposto: «Non so, non mi sono mai occupato degli altri. Sono sempre stato un outsider solitario.»
Dopo la spedizione Tyrrhenia si cimenta nella costruzione di una macchina fotografica subacquea anfibia a fuoco fisso per fotografare a distanza ravvicinata che usa una pellicola formato 6×6. Per questa macchina utilizza prima un flash a lampadine, sostituito nelle versioni successive da un flash elettronico incorporato nella macchina e infine un flash anulare. Grazie al fuoco fisso era possibile scattare diapositive perfettamente a fuoco sempre e comunque in scala 1:1, 1:2 : bastava appoggiare il telaio per le inquadrature al soggetto e fotografare. Queste macchine erano sensazionali. L’obiettivo era una sua creazione. Per ottenere una profondità di campo da 6 a 7 cm, dotò la fotocamera di un diaframma molto stretto, 1: 140 (!), cosa considerata impossibile ai tempi dagli esperti di fotografia. Eppure funzionò! Per queste foto, realizzate più di sessanta anni fa, ha ricevuto dalla “Società fotografica di Vienna” un diploma d’onore.

Negli anni successivi gira diversi film subacquei a partire da Ein Zelt auf Oruda (Una tenda a Oruda, 1953), cui seguono Der blaue Garten (Il giardino blu) e Landratten, Seewind und kleine Fische (Topi di terra, brezza di mare e piccoli pesci), realizzati durante i diversi viaggi in Adriatico con la sua barca Teresa II, tutti rigorosamente senza l’ausilio di un autorespiratore.
La cinepresa anfibia da 8 mm, accantonata e sostituita da una 16mm, più adatta per i film professionali destinati al cinema, torna di nuovo interessante con il crescere del numero di subacquei amatoriali. Nel 1966 Schaefer mostra il suo gioiello alla Eumig, un’azienda austriaca che produceva cineprese e proiettori, oltre a radio, televisori e sistemi Hi-Fi. Fino a quel momento non esisteva nulla di paragonabile sul mercato; le cineprese erano ancora inserite in custodie impermeabili. Entusiasta del progetto, senza però pagare alcun tributo per il suo lavoro preparatorio o acquisire una licenza da lui, la Eumig copia il Sistema-Schaefer e lancia nel 1979, in anteprima mondiale sul mercato, una cinepresa Super-8 anfibia con il nome “Eumig Nautica”. Sebbene Schaefer abbia rivendicato i suoi diritti davanti a un tribunale, non si è mai arrivati a un chiarimento giuridico perché la Eumig fallisce nel 1982.
Schaefer ha progettato anche al di fuori dell’ambito sottomarino. Si è occupato di diverse pubblicazioni su riviste specializzate, redazione di cataloghi di mostre, mostre, progettazione di musei, modellistica, ricostruzioni di navi e integrazione di ricerche precedenti, attività che gli sono valse diversi riconoscimenti e fama.
Ha collaborato come architetto nello studio di progettazione del famosissimo Karl Schwanzer e ha partecipato all’inizio degli anni 70 al progetto di Hans Hass per la realizzazione di un hotel sottomarino ad Almeria, sulla costa meridionale spagnola. Il progetto non fu poi realizzato.
Dopo aver completato la sua carriera professionale alla fine del 1982, Schaefer ha proseguito quella accademica con un dottorato sulla costruzione di navi storiche in legno per la navigazione sul Danubio, sempre presso il Politecnico di Vienna.
Le fotocamere e le cineprese anfibie di Schaefer sono oggi esposte in una mostra permanente all’Aquazoo-Löbbecke Museum di Düsseldorf, insieme alle custodie subacquee di Hans Hass.
Nel 2017 è stato inserito nell’International Scuba Diving Hall of Fame (ISDHF).

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